Come si viveva nei paesi a est del Muro di Berlino? Una mostra multimediale alle Gallerie di Piedicastello dà voce agli emigrati che oggi vivono in Trentino
Venticinque anni fa, quando crollò il Muro di Berlino, i mercatini delle pulci di mezza Europa vennero inondati di memorabilia dei Paesi dell’est. Dalle spille militari agli oggetti di uso comune. Non che prima non fossero presenti sulle bancarelle ma, a partire dal 1989, si registrò un boom. La dissoluzione di un sistema, quello comunista governato dall’Unione Sovietica, la possibilità che un nuovo mondo di libertà si potesse aprire, dove le opportunità di crescita, anche economica, fossero alla portata di tutti, o quasi, portava a liberarsi di un passato segnato pure dalle piccole cose della vita quotidiana.
A cinque lustri di distanza la realtà ha sconfessato gran parte di quelle speranze. Tanto che in molti, a milioni, dai Paesi dell’ex Patto di Varsavia si sono riversati in Italia e in Occidente alla ricerca di un sogno che le nascenti democrazie dell’est non riuscivano a soddisfare privilegiando un modello di capitalismo rapace e dalla crescita spropositata che, pur con diverse gradazioni, sta segnando tutt’oggi quelle nazioni. Come dire, prima l’est Europa non era certo il giardino dell’Eden ma neanche adesso è il regno del Bengodi, se non per pochi. E quegli oggetti di uso comune rappresentano comunque il ricordo di un passato che, senza essere mitizzato, nel bene e nel male, fa parte della propria vita, e non può essere cancellato.
Sono considerazioni che ci vengono spontanee nel sentire Lucian Berescu, volontario dell’associazione “Il Gioco degli specchi” che, insieme a Maria Rosa Mura e in collaborazione con l’Osservatorio Balcani e Caucaso e la Fondazione Museo storico del Trentino, ha curato la mostra multimediale “Il Muro nel cuore. Autobiografia di un mondo ex: le cose raccontano”, in corso fino al 23 novembre alle Gallerie di Piedicastello a Trento (orario di apertura dal martedì alla domenica dalle 9 alle 18; ingresso libero). Perché Berescu afferma: “Non è stato facile frugare nei cassetti dei ricordi e farsi consegnare da diversi emigrati dall’est gli oggetti di uso comune che avevano conservato e si erano portati dietro nel viaggio verso l’Italia”. E aggiunge: “In loro c’era un po’ di nostalgia e anche la fierezza del proprio vissuto. Hanno deciso di prestarceli per poter condividere con chi hanno incontrato in Italia, in questo caso in Trentino, la loro storia attraverso un percorso di apprendimento e di reciproca conoscenza”. Complessivamente, ha contribuito alla mostra, consegnando oltre 150 oggetti datati tra il 1945 e il 1989, una trentina di immigrati. Banconote, samovar, libretti del sindacato, medaglia al merito, tessere annonarie, fin un disco con i successi dei Queen, ma pure sveglie da viaggio, la spilletta emblema dell’Unione Comunista Leninista pansovietica e un diploma d’onore del lavoro, alcuni dei “pezzi” presenti in mostra, accanto a interviste, testimonianza, filmati. “Un lungo periodo segnato da momenti bruttissimi ma anche da altri di cui andare fieri, vite segnate da storie tristi ma pure divertenti”, hanno sottolineato alcuni immigrati intervenuti alla presentazione dell’esposizione. Comunque la si pensi, “un mondo ex”.
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