Negli ultimi tre anni il Laboratorio di storia di Rovereto ha raccolto diecimila documenti, di cui l'80% fotografie, sui profughi e gli internati trentini. I nuovi progetti]
[Talvolta sono gli stessi diari che fungono da didascalia alle foto, che altrimenti sarebbero mute]
A cent'anni di distanza è ancora innumerevole la documentazione sconosciuta sulla prima Guerra mondiale, nuovi racconti, nuovi orrori, quasi a mostrare il pozzo senza fondo dei conflitti bellici. Negli ultimi tre anni il Laboratorio di storia di Rovereto ha raccolto diecimila documenti, di cui l'80% fotografie, sui profughi e gli internati trentini.
L'indagine ha permesso di delineare più in dettaglio la mappa della distribuzione della popolazione civile in tutta Italia fino alla Sicilia e nelle più remote province dell'Impero, dal Tirolo alla Boemia e Moravia (nell'attuale Repubblica Ceca) e nell'area di Gorizia. Tremila fotografie giungono da Rovereto, altre duemila dalla Vallagarina, 1.500 dalla Valsugana, altrettante da Trento e poi da altre parti.
Molte immagini dalla Boemia sono inedite, recuperate grazie al meticoloso lavoro di una preziosa collaboratrice del laboratorio di madrelingua ceca, Tania Vaclavikova. Ritraggono bambini, donne, famiglie, campi di concentramento, il lavoro quotidiano, gli ospedali, le scuole, le cerimonie religiose. E poi diari, lettere, cartoline, circolari, disegni, accuratamente classificati in forma digitale, e selezionati in vista della pubblicazione nel 2015 di un'opera in due volumi: uno di carattere fotografico-memorialistico, sulla scia de “Il popolo scomparso”, e l'altro dello storico Paolo Malni sulla situazione dei profughi goriziani.
“Sarà un'ampia sintesi”, ha detto Malni all'incontro di carattere informativo ed organizzativo, che ha concluso la fase di ricerca, tenutosi sabato 27 settembre al Museo della guerra di Rovereto. Il materiale è consultabile presso il Laboratorio di storia. Erano presenti anche lo storico Diego Leoni, Caterina De Meio, che ha letto e trascritto i diari, e Franco Filippini, che ha esaminato le foto.
Talvolta sono gli stessi diari che fungono da didascalia alle foto, che altrimenti sarebbero mute. Poche righe, datate 28 aprile 1917, lette da Filippini, dal diario di una maestra trentina, Filomena Boccher, scritto nel campo di Mitterndorf, si commentano da sè: “Stamattina mentre stavo rosicchiando una fetta di pagnotta, udii che si suonava la banda. Aprii la finestra e vidi un gruppo di suonatori cui seguivano otto bambine vestite di bianco […] e poi venivano lentamente sei strane coppie, il barone, l'ingegnere, un ufficiale, ciascuno dei quali teneva a braccetto una vecchierella vestita di nero con una ghirlanda di fiori gialli in capo. Quelle tre donne chi potevano essere? Mestissimo il viso, bianchi i capelli, lentissimo il passo. Sembravano tre fantasmi usciti da una tomba a vedere che si facesse sulla terra, a dire che anche i morti fremono e piangono per il sangue che la dilaga. E dietro di esse venivano tre uomini vecchi e scheletriti […
erano i mariti delle tre vecchierelle. Erano tre coppie che facevano le nozze d'oro. Io piansi e gridai al Cielo 'Cessi la commedia atroce!'”.
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