A Trento la 5° Water Conference della Convenzione delle Alpi. Non si tratta solo di gestione di una risorsa, ma della qualità della vita delle persone che abitano la montagna e l’intero pianeta
Forse ricordiamo ancora con rammarico quella gita in montagna rinviata a causa del maltempo, eppure proprio la pioggia caduta in abbondanza nella scorsa estate ha consentito un aumento del 40% della produzione di energia idroelettrica. Una risorsa preziosa che accomuna tutte le zone di montagna. Da secoli le popolazioni alpine sanno far tesoro di quanto offre un ambiente non certo facile, ma che consente di vivere più attenti alla natura, un contatto che diventa ascolto dei tanti segnali comprensibili solo a quanti vogliono e sanno interpretarli. Se è vero che “la montagna non perdona”, come dicevano i nostri nonni ammonendo alla prudenza, è altrettanto vero che un sano rispetto dei suoi ritmi e delle sue potenzialità è in grado di regalarci un ambiente unico al mondo capace di accogliere ogni anno migliaia di persone che intendono trascorrere un periodo di ferie con uno stile diverso.
Ma il territorio di montagna è fragile e ha bisogno di cura: eventi atmosferici estremi, abbondanza di precipitazioni, forti escursioni termiche sono in grado alla lunga di alterare le caratteristiche di versanti dove la forza di gravità fa il resto mettendo a rischio la vita delle popolazioni. Per questo nel 1991 è nata la Convenzione delle Alpi – sede permanente a Innsbruck (Austria) con ufficio per l’Italia a Bolzano – che raccoglie otto paesi alpini allo scopo di promuovere la cooperazione (la solidarietà è da sempre una questione di vita per la gente di montagna) al fine di garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile per la regione alpina. Pubblicato a scadenza biennale il Rapporto sullo stato delle Alpi costituisce uno strumento di particolare importanza a tutti i livelli.
Nei giorni scorsi Trento ha ospitato la 5a Water Conference, un incontro, promosso dalla Convenzione in collaborazione con la Commissione economica della UE e il Ministero dell’Ambiente, per favorire lo scambio di esperienze fra scienziati, tecnici e amministratori in merito alla gestione dell’acqua, un patrimonio da non sottovalutare.
Sullo sfondo di ogni giornata e relazione l’impatto dei cambiamenti climatici in atto, coi quali anche la zona alpina è chiamata a confrontarsi per adattarsi alla mutata situazione e a nuovi scenari. “Viviamo nel bel mezzo del cambiamento e dobbiamo affrontarlo” spiegava Sonia Vrevc, segretaria generale. Un’impresa non facile, né di immediata comprensione per i non addetti ai lavori, ma sulla quale anche il Trentino sta operando da tempo, grazie anche alla sinergia con il Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Università. “Le Alpi non sono solo un giacimento di risorse naturali, ma sono anche uno spazio di vita. Se le persone non dovessero più vivere su questi territori i problemi non sarebbero solo quelli legati alla risorse, ma anche quelli dell’impatto che la non gestione del territorio avrebbe sull’intero ecosistema. La grande sfida è mantenere le Alpi abitate”, ha detto l’assessore provinciale all’ambiente, Mauro Gilmozzi.
Più di 200 persone si sono confrontate quasi in contemporanea con il summit delle Nazioni Unite a New York in vista della Conferenza ONU sul clima che si terrà a Lima in Perù a fine novembre.
Al di là delle soluzioni tecniche, le parole del Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin al Palazzo di vetro: “Tutti noi abbiamo la responsabilità di proteggere il creato per il bene di questa e delle future generazioni”. Un problema etico che ci chiama in causa come membri della famiglia umana. Se sulle Alpi si tratta di questioni economiche (agricoltura e turismo in testa), altrove il cambiamento del clima parla di mera sopravvivenza o migrazioni forzate. Globalizzazione significa problemi interconnessi. Basta non dimenticarlo.
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