Sul tavolo dello studio romano gli era arrivata una busta spedita dai parenti salernitani. Dentro, una serie di album contenenti centinaia di foto scattate dal cugino di suo nonno, il sottotenente Germano Ricciardi, che concluse la carriera da generale, figlio di uno stimato avvocato della città campana. Di quelle foto in bianco e nero ben 560 riguardavano il periodo che l’ufficiale, aggregato al 16° Reggimento artiglieria da campagna, aveva passato in Trentino, durante la Prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1916, nelle valli del Chiese, d’Ampola e di Ledro.
Francesco Ricciardi, giornalista, titolare di un’agenzia di comunicazione ed editoriale, era ed è considerato dai parenti il depositario della memoria di famiglia. Tutto quel materiale, inedito fino a poco tempo fa, lo ha portato a scavare, a ricercarne l’origine, a mettersi in contatto con il comune di Ledro e gli storici locali, a passare un paio di estati in zona per acquisire informazioni e verificare i luoghi ripresi dal parente con una piccola macchina tascabile se non poco più. Era infatti proibito, se non ai fotografi ufficiali controllati dalla uffici propaganda e censura, scattare in zona di guerra. Divieto peraltro bellamente infranto, in particolare dagli ufficiali.
L’assessore alla cultura di Ledro, Alessandro Fedrigotti, è rimasto impressionato dagli album e si è dimostrato interessato a una eventuale pubblicazione. Ora, “1915-1916 Cannoni in val di Ledro. Diario per immagini della presenza italiana sul fronte ledrense e delle basse Giudicarie dagli album di fotografie di Germano Ricciardi (1894-1954), tenente del 16° Reggimento Artiglieria da Campagna” è in libreria. Un corposo volume di poco più di 300 pagine, di grande formato, pubblicato dalla Ricciardi&Associati di Roma con il contributo del Comune di Ledro e della locale Cassa rurale in occasione del Centenario della Grande Guerra.
“Di quegli album non si conosceva l’esistenza”, afferma il curatore del volume. “Sono stati trovati per caso dai miei parenti mettendo ordine tra le vecchie carte di casa. Me li hanno spediti proprio perché sanno che, con il lavoro che faccio, sono considerato un po’ lo storico di famiglia. Diverse foto erano ingiallite dal tempo e piano piano sono riuscito a restaurarle cercando di non intaccare la realtà che raccontano”. E la realtà che raccontano non è quella del combattimento in prima linea ma della quotidianità della guerra nelle prime retrovie attraverso gli occhi di un ragazzo del sud, ventunenne di buona famiglia, che le montagne non le aveva mai viste.
“Montagne guardate con ammirato stupore, prati sterminati, in fiore o coperti di neve in quantità mai vista”, scrive Francesco Ricciardi. “Foto di sopralluoghi e perlustrazioni che sembrano più delle scampagnate che azioni militari. Ma anche, in maniera scrupolosa, immagini di cannoni e mortai. C’è poi la vita del piccolo gruppo di ufficiali con la loro mensa, i picnic sui prati, le tavolate all’aperto, la visita del colonnello ma pure immagini dei monti circostanti, panoramiche sulle postazioni nemiche del Nozzolo e del Cadria, i ritratti degli amici artiglieri o che lo stesso fotografo si fa fare da un collega”.
Francesco Ricciardi, quasi immedesimandosi nel lontano parente, accompagna le foto con propri testi, contestualizzandole, dandone riferimenti geografici e ambientali. E commenta: “In queste foto ho visto giovani ufficiali protesi con l’entusiasmo dell’incoscienza verso un futuro che immaginavano radioso, era il 1915, il tempo delle illusioni. Dall’altra parte c’erano gli austriaci che sul fronte orientale avevano già conosciuto l’orrore della guerra. Da queste immagini traspare leggerezza. La gravità sembra stare tutta sul fronte opposto”.
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