Giustizia e pace fioriscono a Kampala

Il vescovo Filippi: “Opera importante, che traduce in azioni concrete l’insegnamento sociale della Chiesa”

Missio, organismo pastorale della Cei, per la Giornata missionaria mondiale 2014, che si celebrerà domenica 19 ottobre, ha scelto uno slogan ad effetto: “Periferie cuore della missione”. E con padre Giulio Albanese, direttore della rivista Popoli e missione, è andato nelle periferie di Kampala, capitale dell’Uganda, e nella regione del Karamoja, per mostrare, attraverso quattro storie raccontate in altrettanti video, il volto di oggi della missione. E – sorpresa – tra le quattro realtà individuate, ce n’è una frutto di un progetto targato anche Trentino. E’ l’iniziativa del “Centro Giovanni Paolo II Giustizia e pace”, che a Kampala opera nella ricerca della riconciliazione e della pace attraverso l’approfondimento della cultura e delle tradizioni delle varie etnie, promuove la risoluzione pacifica dei conflitti e l’educazione alla pace nelle scuole e nei villaggi rurali.

A darne sottolineatura presso il Centro missionario diocesano, che ha accompagnato economicamente l’iniziativa offrendo un contributo determinante, insieme al Comune di Trento e alla Provincia autonoma di Trento, per la realizzazione della nuova sede a Kampala, è il vescovo comboniano padre Giuseppe Filippi, originario di Baselga del Bondone. Mons. Filippi fu, nel 2005, tra i promotori del Centro fortemente voluto da cinque congregazioni religiose missionarie (Gesuiti, Missionari d’Africa, Padri di Mill Hill, Congregazione Holy Cross e Comboniani) e suo primo presidente. Comprensibile la sua soddisfazione: “Sono grato a Missio e alla Cei di aver scelto di valorizzare, accanto ad altri, proprio questo progetto, perché è un’iniziativa molto importante, che traduce in azioni concrete l’insegnamento sociale della Chiesa”, dice mons. Filippi.

La gestazione è stata lunga: due anni di riflessioni e di incontri mensili, tra il 2005 e il 2006, sollecitati dall’osservazione della violenza presente in particolare nel nord dell’Uganda e dell’impasse nel dialogo per la ricerca di una soluzione pacifica al conflitto. Poi finalmente la costituzione della fondazione “Centro Giovanni Paolo II Giustizia e pace”, con l’avvio delle prime attività, che possono essere raggruppate in tre filoni: la formazione di maestri, giovani leader, persone influenti della comunità in grado di incidere per una cambiamento culturale e sociale; la ricerca e l’analisi delle situazioni di disagio e di violazione dei diritti umani (recentemente, ad esempio, l’attenzione del Centro si è rivolta alla salute mentale); e infine quella che con termine inglese si dice “advocacy”, vale a dire il dare voce e rappresentanza alle richieste di giustizia e di pace. “Di fronte al riemergere di antiche rivalità tribali difficili da rimuovere perché profondamente radicate, abbiamo voluto analizzare le cause remote e nascoste dei tanti conflitti, per promuovere una cultura dell’integrazione, della giustizia e della condivisione, del rispetto delle risorse e dell’ambiente, della ricerca del bene comune”, spiega mons. Filippi. Anche se oggi non ci sono conflitti nel Paese, le barriere tribali restano. “Tradizionalmente, chi non appartiene alla tua tribù è potenzialmente un nemico”, osserva mons. Filippi. “Parlare di giustizia vuol dire anche affermare la fratellanza, l’uguaglianza, il rispetto indipendentemente dalle culture, dalle lingue, dagli orientamenti”.

Alla fine del 2009, con la nomina a vescovo della diocesi di Kotido, nella regione del Karamoja, mons. Filippi ha lasciato ad altri la responsabilità del Centro, che in questi anni si è affermato come una realtà autorevole e ascoltata. Ne è un esempio la collaborazione avviata con la polizia di Kampala: il Centro ha curato corsi di formazione per il personale di polizia, in modo da facilitare il rapporto con la popolazione ed evitare il ricorso inutile all’uso della forza.

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