L’educazione della bicicletta

Il viaggio di Giulia Bondi sulle orme del nonno Ermanno Gorrieri, cicloturista e partigiano

Quando scalava le montagne in sella alla sua bicicletta Ermanno Gorrieri – partigiano, sindacalista, politico e sociologo – era ancora un ragazzo, appassionato di montagna e ciclismo. Giovane diciottenne, gareggiava con gli amici (quelli de “Il Paradisino”, gruppo giovanile dell’Azione cattolica modenese) sulle strade sterrate dell'Appennino e amava avventurarsi anche da solo in percorsi più lunghi. Preparava le sue imprese in bicicletta con grandissima cura: studiava il tracciato e si informava sui luoghi che avrebbe attraversato, disegnava a mano le mappe del suo percorso, preparava il bagaglio con attenzione meticolosa; prendeva nota di tutto. I racconti dei suoi viaggi in bici, scritti e fotografie in particolare dei cinque itinerari che percorse tra il 1939 e il 1941 attraversando Appennini, Italia centrale e Dolomiti, sono arrivati alla nipote, la giornalista modenese Giulia Bondi: “Mi piacerebbe farne un piccolo libro: il racconto di un ventenne che scopre l'Italia, preludio alle grandi trasformazioni che coinvolgeranno il Paese e la sua stessa vita”.

Questi viaggi, infatti, sono l'ultimo scampolo di giovinezza per Ermanno: nel 1942 è chiamato alle armi nel Corpo degli Alpini, viene nominato sottoufficiale; l'8 settembre 1943 si trova in licenza per un infortunio al braccio, decide di nascondersi sulle montagne e diventa partigiano. È durante quell'anno di Resistenza in montagna che Ermanno radica in sé la sua scelta antifascista, da cui nasce la maturazione politica e civile che lo porterà a lottare, anche dopo la guerra, per la giustizia e l'uguaglianza sociale, prima come sindacalista, poi nella politica (nella sinistra DC) e nei suoi studi di politica sociale.

Ma prima, c'era la bicicletta. Per raccontare con più veridicità questa “storia di fatica, sogni e crescita”, Giulia Bondi è salita in sella. Insieme a Glauco Babini, compagno di viaggio e di vita, ha cercato di ripercorrere il passaggio del nonno Ermanno sulle Dolomiti, tracciando un itinerario che in due settimane, dal 10 al 24 agosto, li ha portati in Veneto, Trentino Alto Adige e Lombardia. Un viaggio per rivivere non solo gli stessi luoghi, ma anche e soprattutto lo spirito del “cicloturista partigiano”.

Accanto all'amore per la bicicletta, per la natura e la vita all'aria aperta, la nipote Giulia riconosce nelle imprese su due ruote di quel giovane che diventava adulto, “l'educazione e la disciplina”: “La bicicletta educa alla fatica, al valore delle cose e all'impegno che serve per conquistarle”, spiega. Partire in bicicletta vuol dire “scegliere consapevolmente di fare fatica, anche se potresti arrivare nello stesso punto molto più comodamente; devi organizzarti e portare con te solo l'essenziale”.

Settantacinque anni dopo, la pedalata di Giulia era animata dalla stessa voglia di conoscere e di mettersi alla prova. “Ho iniziato ad andare in bici dopo la morte del nonno, nel 2004 – racconta (questo viaggio, nel decimo anniversario, è anche un omaggio alla sua memoria) – e mi sono presto appassionata a questo mezzo che ti permette di scoprire i luoghi lentamente, dandoti la possibilità di osservare molte più cose durante il tuo passaggio, che ti costringe a prepararti, ad ascoltare il tuo corpo e a riconoscere i tuoi limiti”.

Sullo sfondo delle Dolomiti le foto in bianco e nero del nonno trovano adesso corrispondenza con quelle a colori di Giulia: i tornanti di passo Rolle, il passo Pordoi coperto di neve, il rifugio Marmolada, passo Sedaia. “Da un lato è stato bello e romantico ripetere le stesse strade – anche se una delle emozioni più belle è stata la scalata del passo dello Stelvio e di passo Gavia, che nell'agosto 1941 Ermanno non aveva potuto raggiungere a causa del maltempo, completando così, 73 anni dopo, la sua impresa -, ma è stata una delusione trovare quei luoghi diversi: non più ambienti selvaggi e incontaminati ma luoghi turistici, con l'asfalto che non compariva nelle fotografie del nonno e moltissima gente in più”. Anche se Giulia ripensa con emozione alle automobili che rallentavano per accostarla e incoraggiarla sulle ultime curve del passo dello Stelvio, lei che – come pochissimi altri rispetto ai “turisti di giornata” – aveva due grossi bagagli issati alla bicicletta.

In vista della pubblicazione delle memorie cicloturistiche di Ermanno Gorrieri, Giulia ha annotato con pazienza e dedizione la storia del suo itinerario, proprio come faceva il nonno, orgoglioso e fiero delle sue imprese.

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