Quattro giovani di Trento hanno gestito malga Bael, sopra Ranzo. Invitando gli amici a condividere le giornate di alpeggio, tra pascolo, mungitura e momenti di preghiera
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Chi è passato nei mesi di luglio e agosto a malga Bael, protetta dai faggi in un’ampia radura alle pendici del Gazza, è stato attirato dal sonoro raglio di quattro asini, dallo scalpitare di una trentina di capre e dallo scampanellio di Dada, la mucca dalle corna storte che presidia il pascolo come una vera padrona di casa. Ben presto hanno potuto godere però anche della mite compagnia dei quattro malgari stagionali Massimiliano, Andrea, Giulia e Davide, tutti di Trento. Che li hanno accolti con il loro sciroppo di menta o un assaggio di ricotta fresca, raccontando con poche parole quest’estate alternativa all’aria aperta, a contatto con gli animali, nella riscoperta dei valori del lavoro in montagna.
La scelta era maturata in loro già lo scorso anno, nel constatare l’abbandono in cui versano non poche molte malghe e relativi pascoli. In primavera, ecco l’occasionale incontro con Margherita, l’allevatrice di Margone vincitrice dell’appalto del Comune di Vezzano, in cerca di qualcuno a cui affidare la malga per i due mesi in cui lei portava a termine la sua gravidanza. “Mi fido di voi, conto sulla vostra passione per questo stile di vita”, ha detto offrendo loro capre e…asini, in un tirocinio di vita montanara condivisa anche da altri amici e conoscenti. Qualcuno si è fermato anche due o tre giorni, invitato dal passaparola a sporcarsi le mani (dalla pulizia mattutina della stalla alla cura dell’orto) e a condividere il tono spirituale delle giornate, con due momenti di preghiera, salmi e chitarra.
E’ arrivato a fagiolo il passo della Genesi – capitolo 2, 15 – in cui si legge che “un vero e proprio comando di Dio è coltivare e custodire il creato”. Massimiliano e Andrea, seminaristi al quinto anno di teologia a Trento, osservano che questi due verbi – coltivare e custodire – nell’ebraico della Bibbia sono significativamente gli stessi che vengono usati anche dove si parla della cura del tempio, in ambito liturgico.
L'estate sta finendo ed il the di achillea servito nell'accogliente cucina suggerisce un primo bilancio di queste nove settimane scandite dai ritmi dell'alpeggio, in particolare, le due mungiture mattina e sera: “Ci è piaciuto molto dimostrare a noi stessi e agli altri che non è impossibile vivere una vita così semplice, ma alla fine sorprendente. Perché ti apre spazi di relazione autentica, diversi da quelli a cui siamo abituati”. Rispetto ai criteri efficientisti di tante attività cittadine, il “fare assieme” certi lavori, anche se è più lento, si rivela molto più arricchente perchè consente ad ognuno di metterci del proprio. “Non preoccupatevi, imparerete presto a tenere gli animali” aveva assicurato loro l'esperta mamma Margherita: ha avuto ragione, a parte le bizze di Dada e la fiabesca indisciplina dei tre caprettini. Coerente con lo stile ecologico è stato il lavoro di pulizia del pascolo, compreso il ripristino manuale di un muretto a secco, preziosa eredità dei contadini di Ranzo e Margone, i paesi sotto, a mezz'ora di cammino.
Non è una scelta “eremitica” e stravagante quella dei quattro “malgari” di Trento (in val Rendena, a Malga Plozze, l'hanno fatta da tre anni i giovani dell’Operazione Mato Grosso, di cui parleremo nel prossimo numero) e non nasconde certo la ricerca di guadagno – solo il necessario per l’autogestione -, tanto meno di visibilità o di nuove aggregazioni.
Il lavoro impegnativo (“Non è stata proprio una vacanza”, precisano) con la condivisione delle scoperte individuali è stato vissuto nel suo valore anche dagli ospiti: basta leggere i ringraziamenti “di cuore” lasciati sul libro dei saluti nell’atrio. “Già poche ore dopo il loro arrivo, siamo sempre entrati presto in risonanza con gli ospiti. Sembrava quasi che anche il tempo si dilatasse e si creasse uno spazio favorevole per il dialogo”. Hanno condiviso la mungitura di Black, Faccetta, Tre Cime e Bionda, le quattro caprette il cui latte veniva trasformato in forme di cacioricotta. Hanno apprezzato i pasti contadini di Giulia, insaporiti dalle verdure coltivate nei due orti di Margone e Covelo. Ma tutti gli amici si sono accostati – anche i più scettici – ai momenti di preghiera con i salmi, le frasi del Vangelo talvolta “rimasticate” durante il giorno e la lettura dei libri sapienziali: “Non disprezzare il lavoro faticoso – si legge nel Siracide – soprattutto l’agricoltura che Dio ha istituito”.
Domenica prossima – guardacaso, è la vigilia della Giornata per la salvaguardia del creato (pag. 13) – ai mille metri di malga Bael i quattro malgari condivideranno l'ultima polenta con la tosella, sotto lo sguardo goloso di Dada. Un modo per dire grazie, prima di tornare a valle, agli studi e al lavoro.
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