La mostra al Diocesano abbinata ad un'esposizione sulla figura del pittore Paolo Veronese
Per gli interessati alla storia dell'arte nel periodo del dopo concilio di Trento (1545-1563) potrebbe essere interessante abbinare la visita a due mostre, una a Trento e l'altra a Verona, casualmente coincidenti e per un certo aspetto collegate tra loro, che chiuderanno a breve.
È visitabile fino al 29 settembre “Arte e persuasione – La strategia delle immagini dopo il concilio di Trento”, presso il Museo diocesano tridentino, nel capoluogo. L'esposizione esamina la strategia adottata nell'indicare agli artisti come rappresentare le immagini sacre per sottolineare quanto stabilito dal concilio. L'assise tridentina sostenne l'indispensabilità delle immagini, come strumento didattico per trasmettere i contenuti delle Sacre Scritture alle persone incolte, coinvolgendole anche emotivamente. Come è noto i protestanti avevano messo in dubbio la loro legittimità, arrivando in alcuni casi addirittura a distruggere le opere d'arte presenti nelle chiese. Di fronte ad una situazione così allarmante era dunque necessario intervenire. Si cercò di attivare un attento controllo da parte della gerarchia ecclesiastica, soprattutto sulle raffigurazioni inconsuete. L'esposizione presenta una settantina di opere di artisti di rilievo e minori, che transitarono in Trentino tra la fine dell'evento conciliare e la metà del XVII secolo.
Una sezione si concentra sui temi della censura e della proscrizione del nudo, con gli esempi celeberrimi del “Giudizio universale” di Michelangelo e della “Cena in casa di Levi” di Paolo Veronese. E proprio alla figura e all'opera di Paolo Caliari (1528-1588), detto “il Veronese”, è dedicata una mostra al Palazzo della Gran Guardia, a Verona, visitabile fino al 5 ottobre. “Paolo Veronese – L'illusione della realtà”, organizzata dal comune di Verona, espone oltre cento opere tra dipinti e disegni, provenienti da musei italiani e internazionali. Il 18 luglio 1573 l'Inquisizione giudicò “L'ultima cena” del Veronese, commissionata dal convento dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, troppo libera e gli fu ordinato di modificarla. Celebre la difesa dell'artista in tribunale: “Nui pittori si pigliamo la licentia che si pigliano i poeti e i matti”. Come è noto il Caliari non modificò l'opera, ma ne cambiò il titolo in “Cena in casa di Levi”. Furono molte le opere commissionate da committenze religiose al Veronese. Per la loro grande raffinatezza estetica e la teatrale eleganza si è spesso considerato il suo approccio alla pittura “quasi laico”. Ma ad una più attenta lettura, si vede come il Veronese si attenesse in modo preciso al racconto evangelico e agiografico, come mostrano il “Riposo nella fuga in Egitto”, “L'Adorazione dei Magi” e il “Matrimonio mistico di Santa Caterina”, in mostra a Verona.
Per informazioni sui due eventi: www.museodiocesanotridentino.it e www.mostraveronese.it.
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