Da qualche anno la vita consacrata è oggetto di una profonda riflessione all’interno della Chiesa e soprattutto tra le fila degli ordini e delle congregazioni i cui membri sono in progressivo inarrestabile calo. Tra le voci più significative che in questi anni hanno contribuito a sollecitare ed accompagnare la consapevolezza della necessità di una verifica e di una nuova progettazione del futuro senza dubbio si colloca quella del vicentino padre Rino Cozza, trentino d’adozione, già vicario per la vita consacrata della nostra diocesi, giuseppino del Murialdo. Quattro libri in tre anni, tutti per i tipi delle edizioni Dehoniane (Cozza è anche un validissimo collaboratore delle riviste EDB, in particolare Testimoni, il mensile dedicato ai religiosi). Dopo “Voglia di vita evangelica” (2012), “Tra voi non sia così” (2013), “Siamo gli ultimi religiosi?” (2014), quest’estate è arrivato in libreria “La custodia dell’umano” con l’intento di indicare nuovi orizzonti per la vita religiosa. “Tra i cristiani il desiderio di vita evangelica non è in crisi – spiega padre Rino – ma lo è unicamente quella forma storica che parte dal presupposto che la forma attuale sia la migliore ipotesi per vivere la vita fraterna evangelicamente intesa”. Forse è venuto il tempo di forme di vita fraterna adatte all’attuale esperienza storica, in una pluralità di modelli di comunione che assumano le caratteristiche, la cultura, i valori umani e religiosi dei popoli all’interno dei quali si collocano e vivono i religiosi. Fraternità “più leggere” dai fardelli istituzionali, più attente alle persone che alle regole, dedite alla preghiera e al servizio. In definitiva la vita religiosa è chiamata ad individuare delle forme espressive rivelatrici di nuove tracce di senso, se quelle di un tempo sembrano non esserlo più. Perché i consacrati non sono “altro” rispetto al mondo, alla Chiesa: essi rappresentano – e dite se è poco – una prefigurazione del Regno, qui ora. Dove l’amore è il solo comandamento e l’unica fedeltà da custodire.
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