L'alpinista Elio Orlandi vincitore dell'ambito riconoscimento “Uomo probo”
Per la la prima volta dalla sua istituzione, il Premio “Uomo probo” – assegnato annualmente a personalità che si siano distinte per doti di onestà, rettitudine personale e azioni virtuose in senso in senso comunitario e sociale – è stato conferito ad un alpinista, Elio Orlandi di San Lorenzo in Banale, indiscusso protagonista di innumerevoli imprese alpinistiche, cineasta amatoriale, ed anche scrittore. La giuria presieduta dal sindaco di San Lorenzo, Gianfranco Rigotti, ha voluto tributare un pubblico riconoscimento non solo alle sue doti professionali, ma anche al suo impegno morale. In occasione di una delle escursioni sulla Catena Andina, Orlandi ha dimostrato un alto senso civico, recuperando la salma del compagno di avventura, Fabio Giacomelli, chiamato dagli amici Giac, vittima di una mortale caduta durante l'arrampicata, e consegnando le ceneri alla famiglia. Non solo. Durante le sue trasferte Elio Orlandi ha toccato con mano situazioni di grandi povertà delle popolazioni incontrate che non l'hanno lasciato per nulla indifferente, impegnandolo al contrario sul fronte della solidarietà con iniziative a favore di una scuola in Pakistan, a Hushe.
Le motivazioni sono state illustrate in due momenti distinti, la prima nel paese natale, sabato 19 giugno con una manifestazione pubblica molto partecipata, presenti fra gli altri l'antropologo Annibale Salsa, i parlamentari Lorenzo Dellai e Franco Panizza, i vertici delle amministrazioni comunali di San Lorenzo e Dorsino, sulla strada dell'unificazione, e il coro Cima d'Ambiez; la seconda domenica 13 luglio nella chiesetta annessa al rifugio Cacciatori a 1800 metri di altezza, sul sentiero per l'Agostini. Ars venandi, infatti, il gruppo culturale del mondo venatorio, figura tra i fondatori del Premio. La consegna al vincitore di un’artistica elaborazione di Mastro7, finora ha rispettato l’incontro religioso all’Edicola sacra del Cacciatore, la fusione in bronzo, opera di don Luciano Carnessali, che riproduce il Cristo pancreatore, affissa alla parete di un masso erratico che in epoca antica si è staccato da uno spuntone di roccia sovrastante. Con quest'opera dal contenuto simbolico altamente religioso, un gruppo di cacciatori aveva voluto celebrare da par loro il 2002 proclamato dall'Onu anno internazionale della montagna.
Da allora una volta all'anno viene riproposto un “pellegrinaggio” al sito. I partecipanti a causa della pioggia dal tradizionale punto di riferimento sono stati dirottati nella cappellina alpina per la Messa celebrata dal vescovo mons. Luigi Bressan che ha parlato del significo profondo della conquista dei monti, sia come hobby che come sfida, abbandono nel silenzio e fuga dal rumore della vita stressante, come scoperta di nuove realtà, in una visione cristiana che vede Dio al centro della creazione che dalla materia forma l'uomo per dargli in consegna il mondo naturale. Rifacendosi alla lettura del giorno della parabola del seminatore – con la Parola di Dio che come il seme in parte cade lungo la strada, divenendo cibo per gli uccelli, in parte nel terreno sassoso e sui rovi per essere soffocato e in parte sul terreno buono per dar frutto -, Bressan ha invitato i presenti a riscoprire nel silenzio della montagna il valore della vita. Ha parlato della gioia nel sapere che Dio semina il bene in ogni persona, chiama a rispettare “il terreno buono”, ad operare con equilibrio nell'ambiente naturale, a curare le molte ombre di una terra ferita che soffre le “doglie del parto”, vivendo una fede incarnata e non astratta, in aiuto anche ai popoli in guerra o sfruttati nei loro beni dai Paesi ricchi: gente in fuga per fame alla ricerca di una condizione migliore. Quello stesso mondo conosciuto dall’Orlandi, che ha voluto presentare per immagini come realtà da aiutare e in un volume dal titolo “Il richiamo dei sogni”, quale riflessione sulla questione della vita e ambientale in una visione di fratellanza tra i popoli.
Elio Orlandi, l'uomo di pietra – se considerato dal solo profilo professionale alpinistico -, al momento della lettura delle motivazioni e della consegna del Premio si è sciolto abbandonandosi all'emozione che gli ha tolto la parola, come la neve al sole, calpestata o toccata con mano sulle più alte vette del mondo, al ricordo del suo primo maestro, del suo primo educatore e guida, il padre. Banco di prova i sentieri della Val d'Ambiez e l'enorme anfiteatro che circonda rifugi e malghe della zona, mentre la pioggia battente ingrossa la portata dell'acqua del rio Ambienz, proveniente dalle vedrette ancora abbondantemente innevate.
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