E' una tradizione in ripresa quella dei fuochi del 29 giugno in val dei Mocheni, la cui origine però appare incerta
Al capo degli apostoli si riconduce un'altra tradizione ancora praticata nel Perginese: la barca di San Pietro, con un albume d'uovo versato nell'acqua
La notte dei secoli era rischiarata dai fuochi di San Pietro in tutta la valle dei Mocheni. Nonni e bisnonni tramandano a voce l'immagine scoppiettante di roghi accesi sui prati qua e là, in prossimità dei masi, sia sulla sponda destra e sinistra del Fersina. Ma quel ricordo – ancora vivace negli anni Settanta e Ottanta – è arrivato ad estinguersi, tanto che quest'anno sono stati in molti la sera di sabato 28 giugno a stupirsi e a rallegrarsi nel vedere che la tradizione si era riaccesa. Peraltro, in due soli luoghi: a Roveda, in località Tingherla, ed ai Prati Imperiali di Fierozzo, dove il nostro fotografo Gianni Zotta ha puntualmente documentato l'accorrere di famiglie e bambini. Con il naso all'insù a inseguire le faville della tradizione e con l'indice sui moderni apparecchi digitali per immortalare l'attimo fuggente.
Sarà un segreto di San Pietro (non è lui quello che nei proverbi si diverte a giocare a bocce prima dei temporali estivi), ma è difficile individuare una motivazione dal quale far scaturire la scintilla del 29 giugno.
A parlare con gli studiosi dell'Istituto Culturale Mocheno e con gli anziani della valle si raccolgono molteplici ipotesi. C'è chi fa riferimento proprio ai fulmini estivi e a qualche memorabile incendio da esorcizzare. Un'altra interpretazione, legata invece alla cultura contadina con la sua manutenzione scrupolosa dei terreni, farebbe pensare ad un momento di conclusione della stagione primaverile in cui tutte le ramaglie ammucchiate dopo la pulizia dei campi venivano bruciate all'inizio dell'estate. Una terza lettura, basata sui legami storici fra la valle dei minatori e il mondo tedesco, riconduce questi falò alla tradizione altoatesina dei fuochi del Sacro Cuore (la festività di metà giugno) e alla figura dell'eroe contadino Andreas Hofer.
Più difficile, anche in ambito religioso, trovare riferimenti che leghino i fuochi alla figura del capo degli apostoli: San Pietro riemerge peraltro nella tradizione, ancora praticata in alcune case del Perginese anche quest'anno, della “barca di San Pietro”: alla vigilia un albume d'uovo viene versato in una bacinella d'acqua e – rapprendendosi durante la notte – va ad assumere una forma d'imbarcazione da cui trarre consigli per la stagione dei raccolti. Ma i fuochi, che c'entrano?
Anche il direttore del Museo degli Usi e Costumi, Giovanni Kezich, non ha elementi precisi sul 29 giugno, ma osserva in generale come “il grande fuoco appartiene ad una ritualità elementare del mondo contadino, ricorre in più stagioni (dal Trato Marzo di Luserna a San Martino di Predazzo, n.d.r.) e in diverse località dell'arco alpino. Assume un significato rituale che va a spasso per il calendario: certamente il rito pagano o precristiano come sempre poi si è confrontato con la volontà normativa della Chiesa che ne ha poi accettato, ripreso o frenato certi elementi”.
Sulle radici mochene di questi fuochi abbiamo sentito il parere dell’antropologa Giuliana Sellan, ricercatrice che ha studiato e osservato dall’interno le tradizioni cultuali della valle: “Non risulta un’interpretazione unica perché i fuochi appartengono a rituali di tipo collettivo molto fluidi, diffusi in varie località e poi modificati nel tempo – ci spiega volentieri al telefono – sul cui sviluppo influiva molto anche la posizione più o meno favorevole dei parroci”. Una cosa è certa: “Si trattava di una tradizione vissuta a dimensione familiare, domestica – assicura la prof.ssa Sellan – erano le singole famiglie, le stesse che nei gruppi di case o masi vicini si prendevano cura del capitello all’incrocio della strade, a provvedere ai fuochi di San Pietro. Li ricordo nella zona di Frassilongo e Fierozzo, ma anche su a Sant’Orsola, dappertutto”.
Da qualche anno le Pro Loco hanno cercato di riattizzare questa consuetudine – in ambienti più aperti, facili da controllare per i vigili del Fuoco – e quest'anno a Fierozzo sono stati i giovani del paese a raccogliere le “rispe” di legna e accenderle nel buio nella notte mochena. San Pietro avrà gradito, ma per ora non vuol evidemente rivelare il segreto (o forse, i segreti) che lo legano ai fuochi della verde Bernstol.
(ha collaborato Nadia Moltrer)
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