Il “cuore” di Sant’Apollinare

Consacrato l'altare della chiesa di Piedicastello, riportato alla luce dopo gli scavi archeologici

L’evocazione della presenza dei monaci benedettini a S.Apollinare (nei secoli 13° – 15°), che sabato 21 giugno ha trovato degna collocazione nel contesto dell’ultima Cena Benedettina sul Doss Trento (si veda la cronaca nel numero scorso), era stata caratterizzata qualche ora prima dalla solenne consacrazione dell’altare della chiesa di Piedicastello. Alle 18, con numerosa partecipazione di fedeli dal rione e dalla città, di monaci provenienti da Bologna e di sacerdoti originari di Piedicastello, l’abate primate della Confederazione Benedettina Dr.Notker Wolf (per cortese mandato del Vescovo Bressan) ha presieduto la Messa e ha proceduto alla consacrazione dell’altare. Un atto che intendeva celebrare la conclusione di un intervento di restauro dell’intera chiesa (se pure non ancora completo in tutti i particolari) e nello stesso tempo consegnare alla comunità lo spazio più sacro, “cuore” di tutti i suoi raduni, come ha sottolineato il parroco don Piero Rattin.

L’altare di S.Apollinare è un’opera pregevole nella sua sobrietà: un ampio manufatto rettangolare in muratura (costruito con  pietre bianche e ben squadrate), riportato in luce grazie agli ultimi scavi archeologici. La sua conformazione massiccia e priva d’ornamentazione, la presenza all’interno di una cella per reliquie con una porticina di pietra a chiusura, portano a ipotizzare un’origine piuttosto antica, se non addirittura precedente all’attuale chiesa (non è da escludere infatti una sua prima collocazione nel precedente edificio romanico, contemporaneo o anteriore al 1000, demolito dai Benedettini e sostituito dall’attuale nel 13° secolo).

L’unico elemento moderno, ma perfettamente in sintonia con il manufatto antico, è la pietra-mensa che ricopre il tutto e sulla quale si è svolto il suggestivo rito della consacrazione. Dopo aver collocato e murato nella cella sottostante le reliquie dei santi custodite in un moderno cofanetto bronzeo (che peraltro riprende esattamente i tratti dell’antica “capsella” del 6° o 7° secolo qui trovata), l’Abate Wolf ha versato il sacro Crisma al centro della mensa e ai suoi quattro angoli, a significare, secondo l’antica simbologia della Chiesa, Gerusalemme, “centro universale della redenzione”, e  l’estensione di questa ai quattro punti cardinali della terra. Il sacro Crisma è stato poi plasmato sull’intera superficie dell’altare. Il suo profumo, unito a quello dell’incenso proveniente da Gerusalemme e utilizzato a profusione in questa circostanza, ha favorito un clima di festoso coinvolgimento da parte di tutti i presenti, favorito anche dall’apprezzato accompagnamento dei due cori parrocchiali, e dalla gestualità solenne e nello stesso tempo cordiale che l’abate Wolf ha saputo esprimere con spontaneità.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina