Dalla Colombia la testimonianza di Giorgia Segatta di Sopramonte, volontaria di pace in una comunità indigena
Garantire una presenza stabile in una zona ad altissima intensità di violenza, dove si protrae da troppo tempo una guerra guerreggiata con impatto diretto sulla qualità della vita della popolazione civile. E’ la scelta di Giorgia Segatta di Sopramonte (Trento). A quasi 29 anni, Giorgia si ritrova per libera e consapevole iniziativa in Colombia, nella parte nord-est, nel dipartimento di Antioquia, al confine con il Panama. Vive da un anno nella Comunidad de Paz di San José de Apartado con altri quattro amici – ragazzi e ragazze (Silvia e Monica) di Taranto, Vicenza, Rimini e Firenze -, nell’ambito di un progetto dell’Operazione Colomba.
“Viviamo con la gente, come loro, accompagnandoli nella loro vita quotidiana”. E’ molto distintiva e pregna di significato la parola “accompagnamento” perché vuol dire porsi accanto, farsi prossimo, essere vicino a chi rischia di essere in una situazione di pericolo costante. La zona è infatti molto ricca di minerali preziosi e costituisce anche una specie di corridoio che risulta strategico per i vari cartelli per il controllo del narcotraffico, un territorio che fa gola ai potenti del posto per le loro scorribande, per i traffici illegali e di contrabbando.
Ragazze e ragazzi dell’Operazione Colomba – nella loro solo apparente fragilità, persone inermi a fronte di soprusi inauditi – costituiscono un presidio imprescindibile per i campesinos del posto, una presenza fissa che li fa sentire più sicuri e con meno paura. Li affiancano nel lavoro perché si tratta di coltivatori di cacao, li accompagnano in ogni spostamento nel centro urbano più vicino presso gli uffici governativi per le pratiche burocratiche o in banca o in qualsiasi altra mansione. Insieme ad altre Comunidad si riuniscono ogni tanto in quella che viene chiamata l’Università Campesina di Resistenza: per confrontarsi sulle difficoltà che si incontrano, per mettere in comune conoscenze e buone pratiche in questo peculiare tipo di commercio equo e solidale, un coraggioso avamposto di legalità e democrazia. Si coltiva infatti un tipo di cacao biologico molto apprezzato che viene messo in commercio attraverso la Lash, una catena di distribuzione popolare “equa e solidale”, l’esatto contrario delle multinazionali che pure sono molto presenti e invadenti in tutta la Colombia. E’ un lavoro comunitario che viene remunerato tenendo conto delle reali esigenze delle famiglie e dell’apporto di lavoro di ciascun contadino.
Molto intensa è anche l’opera di sensibilizzazione e di presa di coscienza della situazione di costante violazione dei diritti fondamentali. Questi contadini sono diventati consapevoli di quali sono i loro diritti a un lavoro dignitoso, a una vita libera e ormai non sono più disposti a subire angherie e sfruttamento. In questo senso – osserva Giorgia – si assiste a una specie di separazione rispetto allo Stato col fatto che la Comunità ha proprie scuole e progetti educativi per l’infanzia molto sviluppati e diffusi. Anche cartelli affissi nei locali come “Caminos de esperanzas” e “En memoria de nuestros màrtires” testimoniano di una profonda consapevolezza della propria presenza di nonviolenza attiva in zone molto violente, dove prevale la “legge” del più forte.
“Recentemente – continua Giorgia – siamo riusciti a costruire un campo di calcetto e questo è molto importante perché vuol dire che i ragazzi hanno qualche possibilità di svago e di stare assieme, creando appunto ‘comunità’”. Naturalmente anche per gli adulti le regole sono molto stringenti e al tempo stesso necessarie. Ad esempio: non bere sostanze alcoliche; non dare informazioni; non prendere parte nel conflitto. E invece l’esigenza di denunciare gli attacchi con denunce molto dirette e circostanziate. Non stare zitti, non delegare ad altri cose che si possono fare. La diocesi ha aiutato molto nella fase iniziale. “Ora c’è un gesuita, padre Javier, che dà un supporto fondamentale con gli avvocati, lui che vive a Bogotà e fa da raccordo con noi e le nostre denunce riguardo le violazioni dei diritti umani”.
Giorgia è consapevole del suo lavoro e dell’importanza della sua presenza – umile, silenziosa, ma determinata – insieme ai suoi amici in quelle zone. Sapere che c’è una presenza internazionale è come uno scudo, un riparo, un rifugio per quella gente; le sparizioni e i soprusi nascono dall’indifferenza e dall’isolamento di questi contadini poveri, ma fieri del loro lavoro che procura un reddito per le loro famiglie.
Giorgia, che abbiamo incontrato a Sopramonte, si appresta a ritornare a giorni nella “sua” Comunità colombiana. E’ stata precedentemente in Cile per un anno di Servizio civile in un quartiere marginale di Santiago con i bambini delle case-famiglia. Sa apprezzare nel giusto modo le opportunità della sua giovane vita, coglie in pieno le possibilità che presenta.
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