Segno e colore

Trent’anni di ricerca rigorosa e organizzata in mostra fino al 6 luglio

Appena subentrato a Serena Giordani quale assessore alla cultura di Villa Lagarina, Marco Vender ha inaugurato negli spazi espositivi di Palazzo Libera una nuova, intrigante mostra di pittura.

Interessato già da giovane alle arti figurative, Alessandro Goio espone dal 1977 in collettive e personali recensite da alcuni dei più brillanti critici provinciali. Ha vissuto molte stagioni e attraversato molti territori, ma non è mai restato prigioniero di niente e di nessuno. Non ha mai cessato di indagare il valore del segno e del colore con una ricerca rigorosa e organizzata che è divenuta una costante del suo agire pittorico, come ben emerge da questa mostra nella quale Goio ha voluto esporre alcuni gruppi tematici di opere a lui particolarmente cari.

Già Danilo Eccher e poi ancora Rinaldo Sandri hanno sottolineato che l’istintualità gestuale, l’espressionismo astratto anarchico, fine a se stesso, da solo non basta più. In Goio, effettivamente, vediamo presente un esame critico del segno e del colore che affonda le radici nel rigore progettuale proprio del suo essere architetto.

I suoi quadri, accuratamente dipinti con strati anche sovrapposti di tempere acriliche e di acquerelli, sono realizzati di norma su tele o cartoncini preparati con caseato di calcio che crea uno sfondo mosso e articolato. Il nero spesso marca forme che si sviluppano su uno sfondo rullato di base e dialogano fra di esse con presenze alternate, seriali, quasi modulari. Gialli, viola, verdi e l’amato arancione sono stesi l’uno accanto all’altro in modo talvolta armonico, talaltra più scopertamente provocatorio. Si perviene così a composizioni in cui forme e colori si trascinano l’un l’altra determinando un ampliamento della percezione. Guardando le opere di Alessandro Goio, cioè, ci si rende conto che la visione tende a essere globale, ad espandersi su tutta la superficie del dipinto. Le opere arrivano così a esercitare una sorta di attrazione ipnotica attivando in noi una coscienza, e una consapevolezza, estetica indefinita quanto profonda.

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