Primavera araba in Vaticano

Dalle sponde mediterranee del Nord Afica la “primavera araba” si è trasferita a Roma nei Giardini vaticani. Un angolo di prato verde attiguo a Santa Marta, la residenza del Papa, ha accolto due ospiti illustri, incontrati per strada da Francesco, durante il recente viaggio in Terra Santa dal 24 al 26 maggio, invitati a “casa sua” in Italia. Un terzetto di vecchietti illustri, il presidente degli Israeliani, Shimon Peres, il presidente dei palestinesi Abu Mazen e il Papa per l'appunto, con un testimone di assoluto rilievo, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Si sono visti e sentiti a pregare insieme, salmodiando salmi e sure, alla presenza dei rispettivi collaboratori.

Al termine della preghiera non sono stati firmati trattati di pace, ma di pace e dialogo si è parlato sommessamente e a voce alta. I due nemici storici, in rappresentanza di due popoli cugini, falcidiati dalle guerre e dagli attentati, dall'odio e dalle divisioni, si sono anche abbracciati con il sorriso sulle labbra, un tempo di ghiaccio, stringendosi forte le mani. Proprio la memoria dei morti, a detta del Papa, deve infondere “il coraggio della pace”, abbattendo “i muri dell'inimicizia” e percorrendo “le strade del dialogo e della pace”.

Quell'angolo di verde può essere d'ora in poi chiamato “giardino dei miracoli”. Il primo evento straordinario che si è compiuto è l'incontro di preghiera di ebrei, cristiani e musulmani ognuno con un carico di responsabilità enorme per quanto riguarda i conflitti del passato, tutti accomunati dalla speranza in un futuro di pace. È il risultato della loro iniziativa a far guardare ai frutti nuovi come ad un lieto evento di religioni per secoli lontane. Un clima di famiglia ha accompagnato l'incontro, partendo dal “tu” usato dalle tre personalità nell'approccio reciproco alle brevi constatazioni: “i nostri figli chiedono pace”, agli attrezzi rurali di zappa e badile per piantare l'albero biblico, simbolo di pace per eccellenza: l'ulivo. Certo come ad ogni miracolo c'è chi ci crede e chi no, anche all'interno di una Chiesa che per Francesco “sorprende e scompiglia”. Se non lo fa è da “reparto di rianimazione”.

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