E’ l’obbiettivo che la Federallevatori del Trentino vuole raggiungere con la selezione basata sulla genomica applicata ai bovini
Dal catalogo della terza Mostra dell’agricoltura di Trento (1949) si apprende che all’epoca il patrimonio bovino si aggirava sui 100 mila capi. Nelle zone di montagna esso rappresentava l’80% del reddito delle famiglie contadine. Lo stato costruttivo ed igienico delle stalle si presentava assai precario. La produzione unitaria di latte non superava i 15 quintali all’anno.
A 65 anni di distanza i numeri sono vistosamente cambiati, in meglio, naturalmente.
Nella relazione sull’attività della Federazione provinciale allevatori riferita all’esercizio 2013 si legge che le stalle con bovini da latte sono 926 con 38.063 capi allevati. I dati produttivi riferiti alla quantità di latte prodotto in 300 giorni dalle bovine iscritte ai libri genealogici e quindi soggette ai controlli periodici ufficiali attribuiscono una quantità media di 72,95 quintali alla Bruna, 87,16 alla Frisona e 64,98 alla Pezzata rossa. Abbiamo scelto queste razze perché sono attualmente quelle interessate alla genomica applicata ai bovini. Anche la percentuale media di proteine e di grasso nel latte è piuttosto elevata.
Non vi è dubbio che il grande salto quanti-qualitativo compiuto nell’arco di oltre mezzo secolo è stato ottenuto tramite la selezione basata su due pilastri portanti: La fecondazione strumentale controllata delle bovine e la scelta dei tori riproduttori dai quali viene prelevato il seme impostata sulla capacità dei donatori di trasmettere alla discendenza (vacche da latte figlie) determinati caratteri migliorativi del latte, oltre che della morfologia del corpo ( prova di progenie).
Particolare attenzione è stata riposta nel miglioramento delle caratteristiche di efficienza economica, quali la longevità, la mungibilità, lo stato di condizione corporea e la fertilità. La prova di progenie richiede però molti anni prima di avere conferma della funzione miglioratrice del toro dal quale è stato prelevato il seme per la fecondazione.
Nel 2009 la rivista internazionale Science ha pubblicato i risultati della mappatura del DNA della razza bovina da carne Hereford allevata e diffusa nel Regno unito.
L’ufficializzazione dei dati e dei mezzi e metodi di ricerca (analisi molecolare) ha dato avvio ad una consistente mole di indagini di base e applicative in tutto il mondo. Il genoma bovino comprende circa 22 mila geni e assomiglia molto a quello dell’uomo e del cane.
Accanto alla selezione di tipo tradizionale occupa un ruolo sempre più importante e determinante la selezione genomica, basata appunto sulla genetica molecolare ed in particolare sulla genotipizzazione dei singoli individui.
La lettura del genoma (DNA, patrimonio genetico, insieme dei cromosomi contenuti nel nucleo delle cellule dell’individuo) consiste nell’individuare singoli geni o gruppi di geni (segmenti di Dna) responsabili della manifestazione di uno o più caratteri.
Si tratta spesso di caratteri poligenici, cioè che dipendono dalla funzionalità di più geni o tratti di DNA.
Negli ultimi anni l’indirizzo produttivo dato dalla Federazione allevatori agli associati e alle loro organizzazioni (caseifici sociali, Unioni di valle, rappresentanti di libro genealogico) é stato, seppure con gradualità, orientato verso l’alta qualità del latte, intesa anche e talora soprattutto come condizione indispensabile per produrre formaggi di altrettanto elevato pregio. Non si ritiene più sufficiente assicurare nel latte un alto contenuto di proteine, materia prima per fare formaggio, ma si inseriscono nei programmi di selezione genomica anche il tempo di coagulazione del latte e la sua resa in formaggio. Si persegue inoltre una ulteriore valorizzazione dei riproduttori per quanto riguarda la parte di genoma che controlla e condiziona la adattabilità delle bovine da latte al sistema zootecnico della montagna. Il toro riproduttore testato genomicamente (genotipizzato) rimane al centro del nuovo corso di selezione.
Da notare che il discorso vale anche per la filiera della carne bovina. La genomica, citiamo sempre dalla relazione della Federazione allevatori, sta prendendo piede nei programmi di assistenza tecnica almeno per le tre razze citate in precedenza.
Analizzando il DNA (genoma) dei vitellini maschi nati da pochi giorni si può stabilire non solo quanta parte del genoma paterno essi abbiano ereditato, ma anche se sono a loro volta in grado di fungere da buoni trasmettitori di eccellenza e quindi essere destinati da adulti alla riproduzione.
Oggi è possibile per gli allevatori trentini che lo desiderano, utilizzare per la fecondazione strumentale solo seme di tori testati genomicamente e sottoporre i neonati alla verifica dell’analisi molecolare che sarà poi confermata o meno dai dati di stalla emergenti dai controlli tradizionali. La stessa trafila potrebbe essere applicata alle bovine e alle manze da scegliere per la rimonta nella stalla con garanzia di mantenere alto il livello qualitativo del latte e la durabilità dei caratteri desiderati.
Unico freno: il costo ancora elevato, sui 50 euro a bovina.
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