“No al catastrofismo”

Papa Francesco ha rivolto ai vescovi italiani, riuniti da lunedì 19 maggio a Roma in assemblea, un preciso monito perché reagiscano alla tentazione della “tristezza”, entrino nel “vissuto della gente”, e aiutino la società a “non cedere al catastrofismo e alla rassegnazione”, sostenendo con ogni forma di “solidarietà creativa” disoccupati, cassintegrati, precari, imprenditori, migranti e rifugiati. Si tratta di un'indicazione di percorso socio-religioso che guarda anche alla comunità nazionale pervasa da nord a sud da problemi gravi, non più dilazionabili. Oltre che di lavoro, il Papa ha parlato del metodo, dicendo che “nulla giustifica la divisione: la mancanza o la povertà di comunione deturpa il volto di Cristo e dilania la Chiesa”.

Dal ruolo dei giovani all'azione delle donne l'invito di Francesco è “ad accompagnare con larghezza la crescita di una corresponsabilità laicale”, mentre con i migranti serve “un abbraccio accogliente”. Per la cronaca, va detto inoltre che Bergoglio ha fatto distribuire ai componenti dell'assemblea il discorso di Paolo VI alla plenaria dei vescovi italiani del 14 aprile 1964, definendolo “un gioiello” per la sua attualità “come fosse stato pronunciato ieri”. Il Papa scende sul piano concreto dell'agire definendo regole comportamentali che portino ad avitare la tentazione di distinguere “tra noi” e “gli altri”, mettendo in guardia dalle “chiusure” e dall'”attesa sterile di chi non esce dal proprio recinto e non attraversa la piazza, ma rimane a sedere ai piedi del campanile, lasciando che il mondo vada per la sua strada”. Le contrapposizioni di campanile sono denunciate dal papa come fattori di isolamento, di competitività assurda, ma anche di sterilità, di inoperosità. Quel starsene seduti in attesa degli eventi è un'immagine che la dice lunga, contigua con l'oziare pettegolo di fronte ad una crisi che si presenta come “un'emergenza storica” che “interpella la responsabilità sociale di tutti”. La rotta: “Come Chiesa, aiutiamo a non cedere al catastrofismo e alla rassegnazione”. Dall'inizio del papato, è la prima volta che il vescovo di Roma inaugura un'assemblea Cei: vi partecipa anche mons. Luigi Bressan.

Jorge Mario Bergoglio ha poi parlato della spiritualità “come ritorno all'essenziale” indicando i “luoghi” di presenza come cristiani: la famiglia, i disoccupati, i “migranti che fuggono dall'intolleranza, dalla persecuzione, dalla mancanza di futuro”. Tutto cià avviene di fronte al “popolo fedele” che “ci guarda per essere aiutato a cogliere la singolarità del proprio quotidiano nel contesto del disegno provvidenziale di Dio”. “La fede, fratelli – ha chiarito Francesco – è memoria viva di un incontro, alimentato al fuoco della Parola che plasma il ministero e unge tutto il nostro popolo; la fede è sigollo posto sul cuore: senza questa custodia, senza la preghiera assiidua, il Pastore è esposto al pericolo di vergognarsi del Vangelo, finendo per stemperare lo scandalo della croce nella sapienza mondana”. Fra le tentazioni “che sfigurano”, il Papa ha indicato la gestione personalistica del tempo, le chiacchiere, le mezze verità che diventano bugie, la litania delle lamentele che tradisce intime delusioni, la durezza di chi giudica senza coinvolgersi e il lassismo di quanti accondiscendono senza farsi carico dell'altro.

Ed ancora il rodersi della gelosia, l'accecamento indotto dall'invidia, l'ambizione che genera correnti, consorterie, settarsmo. “E, poi, – ha aggiunto – il ripiegamento che va a cercare nelle forme del passato le sicurezze perdute; e la pretesa di quanti vorrebbero difendere l'unità negando le diversità, umiliando così i doni con cui Dio continua a rendere giovane e bella la sua Chiesa”. Tutto questo ed altro ancora è detto per i vescovi, in un'assemblea dove per il Papa “ognuno dice quello che sente, in faccia ai fratelli; e questo Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, aveva portato il saluto di benvenuto al Papa ed ha poi definito il discorso di Francesco la “bussola per la Chiesa italiana”.

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