Il medico che lanciò le cure palliative

Parlava normalmente sotto voce, senza sprecare le parole. Dava importanza ai particolari, ci teneva a farsi capire, con quella precisione propria di chi vuol far bene il bene.Alessandro Fedrizzi, il medico scomparso qualche settimana fa alla soglia dei 62 anni, era stato un amico anche di Vita Trentina. Credeva come pochi nell'importanza dell'informare per creare sensibilità: per questo nel suo impegno sociale e professionale – prima sul fronte delle adozioni e degli affidi, poi da pioniere nel campo delle cure palliative – si era rivolto spesso alla nostra redazione per far breccia nell'opinione pubblica trentina.

Era una di quelle persone che vivono nella dimensione del servizio, e lasciano il segno. Da studente universitario a Verona condivise la casa con alcuni malati psichici, da giovane medico andò in Tanzania per due anni in un progetto del CUAMM che ancora prosegue grazie all'opera di un altro medico trentino.

Dai primi anni Duemila, Fedrizzi aveva intuito l'importanza di far partire in modo deciso e capillare il servizio di cure palliative. “Tutti ricordano con indelebile riconoscenza la serenità che infondeva col suo sorriso sincero e l'ascolto paziente”, sottolinea l'amico Paolo Endrici. E' stato fondatore a Trento dal 2001 del Servizio cure palliative, poi dal 2004 a Rovereto per la Lagarina. Ricorda a proposito Carlo Tenni, uno degli infermieri che condivise quei primi anni: “Confidava che lavorare in ospedale gli stava ‘un po stretto’, in quanto l’assistenza al malato era legata ad un ruolo gerarchico/piramidale, prevalentemente esecutivo, dove l’identità professionale si erode, quasi annullandosi, nella routine quotidiana. Preferiva invece l’assistenza a casa del malato, che obbliga ad un ribaltamento dei ruoli, dove l’operatore deve stare in un piano di sfondo, perchè il malato e la sua famiglia devono essere i veri protagonisti. L’attenzione di Alessandro era sempre nel creare un clima sereno, nel controllare tutti i sintomi, nel favorire i rapporti con i familiari, nel farsi carico di tutte le situazioni difficili”.

Fu lui, ricorda ancora Tenni, fra i primi a sostenere la necessita di una struttura residenziale per i malati in fase avanzata di malattia, un hospice, dove l’ammalato può sentirsi come a casa sua, libero di avere vicino e ricevere le persone care e circondarsi delle cose che desidera. E’ stato fra fondatori di un comitato pro hospice a Madonna Bianca, assieme a Giovanni Menegoni, Francesca Paris e Anita Chiasera.

La famiglia e gli amici vogliono ricordare Alessandro raccogliendo offerte per una realizzazione concreta del Cuamm che porterà il suo nome e rappresenterà i suoi ideali: un centro per le cure materno infantili in Sud Sudan, presso l'ospedale di Lui. Per informazioni sul progetto Medici con l'Africa Cuamm Trentino (3473712043 Carmelo Fanelli oppure gruppotrentino@cuamm.org).

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