Roma – E' arrivato questo 10 maggio in cui il Papa incontra il mondo della scuola: l'attesa si respira nell'aria qui a Roma. Ci siamo arrivati ieri – un'ottantina tra docenti e non – con il viaggio organizzato dall'Ufficio diocesano Educazione e Scuola, sotto la guida di don Lamberto Agostini. In S. Pietro, il nostro gruppo sembra perdersi nell'immensità solenne della Basilica, ma la Messa nella cappella di S. Giuseppe è raccolta e sentita. Fuori, l'imponente macchina organizzativa accoglie i partecipanti, un flusso continuo. La Provvidenza, nella persona di don Ivan Maffeis, ci riserva una
Ci piace la scelta di portare alla ribalta la "scuola minore", anche se forse così la "foto" della scuola appare un po' parziale ma ci pensa il Papa a sistemare la lacuna quando inizia il suo intervento, dicendo che si vede che la manifestazione non è un lamento, ma una festa, una festa per la scuola!
Sulla piazza cala il silenzio e sembra quasi di essere tutti in aula, davanti a un maestro, uno di quelli bravi che sanno catturare l'attenzione senza alzare mai la voce, ma che con tono dolce ti dice cose che colpiscono, che entrano dentro e poi non dimentichi come quando, dopo avere citato un proverbio africano, ci invita a ripeterlo tutti assieme, più volte: "Per educare un figlio, ci vuole un villaggio!". Si rivolge agli studenti, ma anche a noi insegnanti e ai genitori, come parte di un unico corpo che lavora assieme per aiutare i ragazzi a "imparare a imparare" perché "è questo il segreto", esclama. Sembra dire cose che si sanno, già sentite ma sembrano attingere nuova forza e nuova dignità dalla semplicità e dalla partecipazione con cui vengono affermate. "L'educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla!": in poche parole tratteggia il compito e la grande responsabilità di chi insegna che un po' spaventa – ci si sente chiamati in causa – ma anche motiva e dà senso al nostro lavoro. Aggiunge poi che la missione della scuola è coltivare il vero, il bene e il bello, dimensioni profondamente intrecciate "se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella è buona ed è vera e se è buona, è vera ed è bella" e lo fa indicandoci Piazza S. Pietro, guardando la quale si apprende di storia, architettura, religione e astronomia. Ci saluta con l'invito a non lasciarci rubare l'amore per la scuola, ma non prima di aver augurato a tutti noi presenti "una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue, che una persona matura deve saper parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma armoniosamente cioè pensare quello che senti e quello che fai; sentire bene quello che pensi e quello che fai e fare bene quello che pensi e quello senti".
Quando la piazza comincia a svuotarsi, resta una carica di energia buona. Prima di rientrare, facciamo tappa al monastero di San Benedetto a Subiaco in una pace che ci consente di meditare quanto sentito e vissuto. E ripartire.
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