Europa chiama Europa

Ultimi preparativi a Trento per la “Festa dei popoli”, condizionata dai recentissimi tragici fatti dei naufraghi in mare e dei morti nel deserto, per cui il termine “Festa” appare addirittura anacronistico.

Il suo vero significato, per gli organizzatori, è quello di occasione di condivisione, di comunione, di solidarietà con le vittime del mare e nel deserto del Sahara, a causa di incidenti, stenti e di fatiche sovrumane, ma soprattutto di guerre e sottosviluppo che costringono milioni di persone alla condizione di profugo e di migrante, in balia di reti criminali di trafficanti di esseri umani. Il governo italiano accusa l'Unione europea di latitanza e disimpegno nei confronti dell'Italia lasciata sola ad affrontare il flusso sempre crescente di persone che tentano di raggiungere le coste europee. “Salvano le banche, ma fanno morire madri e bambini”, ha dichiarato il premier Matteo Renzi. L'Italia con i suoi ministri chiede alla Ue sostegno nelle operazioni di soccorso e di farsi carico dell'accoglienza di migranti e richiedenti asilo. E' una condizione sperimentata da moltissime delle persone che animeranno la due giorni dei Popoli, una realtà che annovera anche una folta rappresentanza di Ucraini, da settimane con i nervi a fior di pelle per quanto sta accadendo nel loro Paese dapprima con repressioni, ritorsioni, morti in piazza e poi con annessioni, referendum e bocche di fucili sempre pronte a sparare.

E' dell'Osce, la notizia che il presidente russo, Vladimir Putin, appoggia la mediazione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in vista di una soluzione diplomatica della crisi in Ucraina. Si prospetta dunque un tentativo di soluzione diplomatica, portato avanti anche da Berlino, mentre resta sempre in sospeso, come la spada di Damocle, una delle armi di ricatto russe: il debito di 3 miliardi di dollari per la fornitura di gas. L'Ue, dal canto suo, ha varato una nuova lista di sanzioni. L'appello al dialogo è unanime. L'annuncio di Putin, per i 28, fa ben sperare. Si guarda alla Ue, dalle sponde del Mediterraneo, dal deserto sahariano ai Carpazi, da Lampedusa ai monti di Crimea, con urgenza, in un momento tuttavia di paralisi operativa per via delle imminenti elezioni del 25 maggio. “Europa chiama Europa”: è più di uno slogan, è un grido di aiuto, un auspicio contro cui si infrange l'ottusità di visioni politiche populiste, barricadere, anti-europee, a-politiche, vocianti anche in Italia per la conquista tuttavia di un posto nel Parlamento europeo con l'obiettivo dichiarato di distruggere, di demolire quanto finora costruito, senza aver l'ambizione di correggere. Grillo con Salvino “docet”. In fibrillazione anche Silvio Berlusconi dopo la denuncia di un presunto complotto europeo ai suoi danni nel 2011 per far cadere il suo governo. Italia incerta anche per molte vicende giudiziarie esplose in questi giorni: gli affari tra l'ex ministro Scajola e Lady Matacena, le indagini con arresti per l'ennesima tangentopoli all'Expo. La magistratura ci mette ogni giorno qualcosa di suo. Tutto questo ed altro, come la crisi economica e la disoccupazione giovanile, rappresentano la grande incognita dell'appuntamento con le urne. Gli appelli al voto sono sopraffatti da un diffuso clima di impotenza e di incertezza. I candidati figurano come tanti carneade delle macroregioni e niente di più anche quelli che non hanno demeritato nel passato. Sono i vescovi europei a prodursi in ripetuti appelli al voto, collettivamente e per nazionalità. Nell'agone politico della partecipazione, dopo la Commissione degli episcopati della Comunità europea, sono scesi anche i vescovi francesi, parlando di 70 anni di costruzione europea che ha consolidato la pace tra popoli prima nemici. L'auspicio ai candidati di ricercare il bene comune, mettendo da parte gli interessi personali, viene pure dai vescovi della Lettonia. Quelli spagnoli pungolano l'Europa a ritrovare sé stessa, a ravvivare e riscoprire le proprie radici, a rivivere i valori che la fecero gloriosa, a ricostruire la sua unità vera.

Per il presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco è indispensabile che il politico prenda “molto sul serio” il disagio diffuso specie tra la povera gente media e più povera: “distruggere – ha detto – non basta, occorre costruire”. Globalizzazione, ambiente, migrazioni, solidarietà, sono i contenuti di una “Lettera aperta” ai parlamentari Ue, della Comunità di vita cristiana dei gesuiti. Sono sollecitazioni che si perdono però nei canali della cronaca scandalistica e di una diffusa rimozione del senso civico all'impegno libero e democratico attraverso il voto. Ma è una voce unitaria, non secondaria, che si considera nell'”obbligo” di contribuire alla costruzione della “comunità dei popoli”.

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