La valle del Sarca e della valle dei Laghi tra sviluppo turistico e sostenibilità. Se n'è parlato in un incontro organizzato nell'ambito del Trento Film Festival
Marco Furlani è uno di quegli alpinisti che ha scelto di trasferirsi nella “Valle della Luce” per vivere ogni giorno la sua passione. La chiama proprio così da alquanti anni Marco, guida alpina con una lunga carriera di ascensioni alle spalle. “Nel Sarca è tutt’altra vita”, dice accennando alla sua abitazione di Pietramurata. “Specie per chi ama arrampicare e fare sport”.
Ospite del dibattito “Valle del Sarca e Valle dei Laghi: diversi territori, un’unica valorizzazione” nel format della 62ª edizione di Trento Film Festival, Marco Furlani ha sviscerato alcune peculiarità della vallata anche in prospettiva di nuove mosse turistiche cui, si desume, questo territorio approderà in futuro dai contorni un tantino nebulosi.
“La Valle dei Laghi ha già tutto quanto un turista possa desiderare, basta preservarlo intatto così com’è e attuare ammodernamenti in maniera soft”, è andato dritto al sodo rilanciato dagli interventi degli altri relatori presenti a Palazzo Roccabruna, a Trento, martedì 29 aprile, i quali, alzando la mano all’invito della direttrice dell’Apt Trento-Monte Bondone-Valle dei Laghi, Elda Verones, hanno passato la lente su uno dei luoghi più significativi della storia e della cultura alpinistica europea: la Valle del Sarca, il solco vallivo che all’altezza di Dro muta nome in Valle dei Laghi allungandosi sino ai laghi di Lamar.
Un’area geografica approssimativamente perimetrata, topica per le sue falesie d’attrazione all’arrampicata sportiva, i sentieri panoramici, il vento gardesano che rischiara l’atmosfera regalando frangenti di luce strabilianti e che, come spiegato dalla coordinatrice delle Riserve del Basso Sarca, Micaela De Riu, “va conosciuto e usato con equilibrio, perché il tutto possa durare nel tempo”. Tiene insomma aperto l’oblò della speranza anche quando la sostenibilità ambientale del turismo sembrerebbe restare lettera morta, agli antipodi dei buoni propositi avanzati da Claudio Bassetti di “rimettere mano al territorio per tentare di ripristinare le suggestioni antiche” ovvero, in veste di presidente satino, quelle di chi “si interessa di montagna a partire dal primo metro fino alle cime”.
Cime volano di sviluppo cui nel 1989 le amministrazioni comunali si buttarono a capofitto in un progetto senza precedenti nell’arco alpino: sviluppare in modo sistematico l’arrampicata e le attività sportive in ambiente montano. Prima sul Colodri poi su altre falesie del fondovalle (Passo San Giovanni, Spiaggia delle Lucertole). Lo ha rammentato Alessandro Del Guelmi, assessore delle Rete di Riserve del Basso Sarca, aggiornando sul potenziale del cosiddetto “outdoor park” dell’Alto Garda: 250 chilometri di sterrati per mountain bike (parzialmente da ripulire), 35 falesie, 10 alte pareti con oltre 300 itinerari alpinistici, 11 vie ferrate, centinaia di chilometri escursionistici, un bike park per il downhill e un nordic walking park.
Riepilogando, un ambiente dalle enorme potenzialità nonostante la Valle dei Laghi, secondo il pensiero del presidente della Comunità, Luca Somadossi, abbia bisogno di “plasmare una propria identità che non la stringa tra due ambiti forti, cioè il capoluogo e il Garda”. Ma se i cambiamenti vanno o governati oppure subiti, l’innovazione diviene strada obbligata per non perdere la rotta. È quanto va dicendo Verones: “Un turismo di qualità non si improvvisa e non basta la buona volontà. Ci vogliono lavoro, impegno e attrazioni da abbinare alla valorizzazione del territorio e nel rispetto della montagna in particolare”.
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