Il nuovo direttivo può far ripartire l’associazione, ma deve prima analizzare i motivi che hanno determinato la progressiva riduzione dell’attività e redigere un piano condiviso dalla base
Il 23 marzo scorso ATABIO ha rischiato di scomparire dalla scena dell’agricoltura biologica e biodinamica del Trentino. Fortunatamente un gruppo di giovani ha accettato di assumere il compito non facile della ripresa e dal voto dell’assemblea è uscito un nuovo consiglio direttivo che prende il posto del precedente in carica dal 2006.
Per capire quanto è successo e le prospettive, è opportuno ripercorrere la storia dell’associazione.
Atabio, Associazione trentina per l’agricoltura biologica e biodinamica, è nata nel 1991 come movimento alternativo all’agricoltura intensiva orientata verso la massima resa reddituale ottenuta con l’utilizzo eccessivo di mezzi chimici e interventi di forzatura agronomica.
E’ stata riconosciuta quale Associazione di produttori biologici ai sensi dell’articolo 5 della L.P. 10 giugno 1991 n° 13 con delibera della Giunta provinciale di Trento nella seduta del 7 settembre 1992.
Ha acquisito così il diritto a fruire di contributi di avviamento e sulle spese di gestione a condizione che vi aderissero almeno 30 soci produttori iscritti all’albo degli imprenditori agricoli. Nello statuto tra le attività da svolgere insieme ad AIAB (sezione regionale dell’ Associazione Italiana Agricoltura Biologica) figurava anche il controllo delle aziende agricole aderenti necessario per ottenere la certificazione prevista dalla normativa europea. Dopo qualche anno questa attività è stata cancellata d’autorità in quanto ritenuta contrastante con altre funzioni considerate più consone alla filosofia dell’agricoltura biologica.
Promuovere la diffusione dell’agricoltura biologica. Occuparsi della diffusione del consumo di alimenti biologici. Rappresentare i produttori biologici a livello istituzionale. Assistere le aziende associate nell’espletamento di pratiche burocratiche. Elaborare piani di commercializzazione triennali ed annuali per poter fruire di contributi per la promozione e commercializzazione dei prodotti.
Mancava nell’elenco delle mansioni l’assistenza tecnica nelle varie fasi della filiera produttiva che si riteneva, anche in base a norme legislative preesistenti, affidata ai servizi di ricerca e consulenza pubblica: istituto agrario di S. Michele all’Adige e ESAT.
Entrando nell’anno in cui Atabio dovrebbe celebrare il 25° anniversario di fondazione, si può tracciare il diagramma dell’attività svolta idetificandolo con una parabola non lineare, ma interrotta da punte (picchi) e flessioni (cadute). La Provincia di Trento, attraverso l’Ufficio per le produzioni biologiche, ha affidato ad Atabio importanti incarichi e/o accettato programmi e progetti presentati da Atabio e li ha sostenuti con consistenti contributi. L’esecuzione non è sempre stata pari alle aspettative o alle finalità dichiarate. Il motivo è da attribuire alla mancanza di una struttura organizzativa stabile.
Nel frattempo l’agricoltura biologica in Trentino ha avuto uno sviluppo quanti-qualitativo di notevolissima portata. Le aziende iscritte all’elenco provinciale degli operatori biologici sono più di 500. Il ventaglio degli indirizzi produttivi è ampio. La dislocazione geografica delle aziende copre l’intero territorio.
Pone seri interrogativi il fatto che, a fronte di una situazione in continuo sviluppo, le aziende associate ad Atabio siano solo 50, alle quali si aggiungono (aspetto qualificante) le adesioni di 70 consumatori o loro organismi rappresentativi.
La parabola ha rischiato di toccare il fondo in occasione dell’assemblea di bilancio ed elettiva del 23 marzo. Il direttivo in carica ha chiuso l’esercizio in attivo. Era partito con un passivo di 40 mila euro. Cio nonostante, i dirigenti si sono presentati dimissionari. Non c’è traccia di verbale della riunione o non si è voluto fornirlo nonostante insistenti richieste. Da testimonianze di partecipanti si apprende che c’è stata una discussione aperta e vivace. Sono state passate in rassegna tutte le cause che possono avere determinato il progressivo calo di tensione propositiva e di servizi prestati alle aziende biologiche. Si è parlato di difficile convivenza con l’Ufficio provinciale per le produzioni biologiche; di piani di settore più volte annunciati dai decisori pubblici, ma non ancora definiti o comunque mai resi noti; di mancanza di coesione tra aziende biologiche attive, ma poco disposte a condividere iniziative e progetti comuni.
Il nuovo direttivo è composto da 5 persone giovani che vogliono ridare vita all’associazione.
Il primo impegno da affrontare è la redazione di un progetto che deve partire dagli operatori o comunque essere ampiamente condiviso. Ma prima è necessario esaminare criticamente i motivi che hanno determinato la progressiva discesa verso il basso della parabola delle attività svolte dopo una fase di ascesa caratterizzata da molteplici iniziative e positivi risultati. L’ Ufficio per le produzioni biologiche dovrebbe rinunciare a pur comprensibili e motivate iniziative di supplenza e svolgere il compito di facilitatore, attivatore e accompagnatore discreto, per permettere al settore biologico di fare sistema.
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