In Trentino era forse l’unico in grado di riconoscere e leggere la scrittura di Bernardo Clesio e del cardinal Madruzzo. La sua statura di storico era conosciuta e apprezzata in tutto il Trentino, ma le sue ricerche hanno interessato anche e soprattutto la Valle di Fassa. La vastissima produzione di studi e ricerche storiche ha dato voce all’identità e alla cultura del popolo ladino, prima del pubblico riconoscimento.

“A lui va il merito di aver fatto uscire la Valle di Fassa dalla cenerentola degli studi storici”, afferma Cesare Bernard, presidente del Consei general del Comun de Fascia. “Oltre ad aver individuato importanti siti per la ricerca (Ciaslir, Pigui, Santa Giuliana) ha messo a disposizione migliaia di testimonianze tra cui ricordo la documentazione della Comunità e l’archivio Rizzi. L’amore verso la sua terra lo ha portato a ricostruire la toponomastica storica, rifare lo stradario di interi comuni e a difenderne i confini”.

È stato infatti l’umile frate francescano ad analizzare in maniera precisa il limite tra il principato di Trento e Bressanone nella valle dell’Avisio e a dare una risposta definitiva all’annosa vertenza sui confini della Marmolada. Ma più che i risultati storiografici la figura di Frumenzio Ghetta è servita a far crescere nei ladini di Fassa la coscienza delle proprie radici. “N popul zenza storia e zenza memoria l’è n popul zenza davegnir” (un popolo senza storia e senza memoria è un popolo senza futuro), affermava spesso stimolando i suoi conterranei ad alzare lo sguardo dagli obiettivi mercantili di tutti i giorni per abbracciare un orizzonte più vasto e duraturo.