Problema questo che da qualche anno era ed è ancora comune a gran parte degli operatori economici, che producono e lavorano, ma non riescono poi a incassare, con le conseguenze che registriamo da tempo di ovvie, conseguenti chiusure di aziende. Un’operazione complessiva di ristrutturazione aziendale, quindi, che ha avuto buon esito, senza pesare sui bilanci delle singole aziende agricole che conferiscono i prodotti e che sono ovviamente il motore della società.
Oltre a queste operazioni finanziarie, l’attenzione dei responsabili è stata rivolta anche al settore produttivo, per far sì che ci siano concreti margini di sviluppo oggi ma anche in futuro. Così si sono accentuate le ricerche per nuove tecniche agricole e colturali che favorissero sia la produzione di qualità di piccoli frutti apprezzate sui mercati, sia lo sviluppo di tecniche di conservazione che sono particolarmente importanti per prodotti come la fragola o il lampone, la cui conservazione è stata aumentata di tre giorni in più rispetto ai 4-5 attuali.
Di particolare interesse per l’evoluzione dei prossimi anni lo studio sui terreni incolti, un progetto sottoposto alla Provincia, guidato da Sant’Orsola, che interessa la Valsugana e il Pinetano e col quale si intende recuperare alla produzione di piccoli frutti i terreni incolti, in modo da creare nuova occupazione e maggiore fatturato. Del resto le origini della Sant’Orsola affondano proprio in questa idea, quando si cominciò a convincere gli abitanti della Valle dei Mòcheni a trasformare quei terreni che quarant’anni fa si stavano abbandonando perché insufficienti a mantenere una famiglia, per mettere a dimora quelle piccole piantine di fragola che avrebbero poi portato il benessere in molte famiglie.
Un colosso della produzione di piccoli frutti, grazie agli oltre mille soci, leader nazionale del settore, che ora si misura anche con un altro leader, nel campo delle mele, come la Melinda, i cui soci che producevano piccoli frutti operavano appunto con Sant’Orsola. La convenzione è scaduta e non è stata più rinnovata perché le condizioni per Sant’Orsola non erano più favorevoli ed ora quella fetta di produttori sarà seguita dal consorzio noneso. Un’operazione che ha destato qualche preoccupazione in alcuni soci, ma che non dovrebbe produrre conseguenze negative.
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