“Noi abbiamo fior di professionisti che però molte volte, per un malinteso senso di ecclesialità, per un malinteso senso di fedeltà alla Chiesa, diventano più bigotti dei bigotti. E questo tipo di comunicazione non va da nessuna parte: non serve nessuno”. La dichiarazione è del neo segretario della Cei per i prossimi cinque anni, il vescovo di Cassano all'Jonio, Nunzio Galantino. Intervistato da Radio Vaticana ha parlato fra l'altro della comunicazione cattolica in Italia, dicendosi convinto che la comunicazione abbia potenzialità straordinarie e che occorre essere capaci di intercettare come gli altri e prima degli altri quanto accade perché c'è una sensibilità grande.
Si tratta di una sferzata, inattesa, che riconosce ruoli e funzioni della professionalità giornalistica all'interno del mondo ecclesiale, richiamando un metodo di lavoro che deve puntare alla tempestività, alla coerenza e alla correttezza obiettiva delle notizie.
Da un simile pulpito non si era mai sentito un siffatto richiamo e paragone, circa un malinteso senso di fedeltà alla Chiesa che si traduce in invito perentorio: c'è bisogno di essere meno bigotti, tutti quanti.
Bigotto, termine di derivazione tedesca, nell'accezione comune sta ad indicare una persona assidua nei sacramenti, rigorosa nel rispetto dei precetti religiosi, ma anche bacchettona, dominata da una religiosità solo esteriore, non riscontrabile nei fatti, intollerante e priva di flessibilità. Il suo contrario è il miscredente che in questa fase della storia rappresenta gli “scarti” e la “frontiera” con i quali, per dirla con papa Francesco, intessere relazioni, senza voler fare del proselitismo.
La stampa cattolica, ma non solo quella, registra una crisi senza precedenti, dovuta alla situazione economica, al taglio dei finanziamenti governativi, all'invecchiamento dei tradizionali abbonati che lamentano problemi di salute e di vista, ai molti casi di morte in questa classe di età, alla presenza sul territorio di un gran numero di emittenti e di opportunità di lettura con altre testate, al web che distoglie dalla carta stampata grandi fette di utenti, alla incessante contrazione nel numero dei praticanti. L'accusa di bigottismo per Vita Trentina appare molto attutita, avvolta nel più generico stereotipo di “giornale dei preti”, quale settimanale della diocesi, riscontrabile negli ambienti laici. Più marcata è quella di “catto-comunismo”, un contenitore in cui ci sta di tutto e il suo contrario.
Le due qualifiche di “bigotto” e “catto-comunista” sono alimentate negli ambienti cattolici. Ogni lettore in meno ci addolora, come pure il mancato ricambio generazionale che porta molti giovani a ricordare quasi con nostalgia l'affetto dei nonni per il settimanale, senza guardare oltre per dare continuità ad uno strumento che può essere anche di aiuto.
Il primo direttore mons. Giulio Delugan, nel lontano 1926, l'aveva definito il più importante pulpito della diocesi. Oggi il paragone non regge. Il settimanale continua però a riflettere la vita della Chiesa e della collettività. Racconta eventi di storia locale e mondiale con una responsabilità particolare, evitando la mondanità. Si è arricchito da oltre due decenni di una radio, Trentino inBlu, ed ora sta per incrementare la propria presenza quotidiana sul web, valorizzando quella professionalità, interna e sul territorio, auspicata da Galantino, adeguandosi ai mutamenti tecnologici che negli ultimi decenni hanno viaggiato a grande velocità, creando inaspettate reti connesse, con senso di responsabilità verso le generazioni presenti e quelle future.
Vita Trentina sta dunque procedendo su un importante percorso di innovazione e di evoluzione del suo modello comunicativo. Fra i meravigliosi doni di Dio, il Decreto conciliare “Inter Mirifica”, annovera gli strumenti della comunicazione sociale. Francesco in occasione della ricorrenza dei 50 anni della sua approvazione (settembre 2013), ha definito “profetiche” la parole dei Padri conciliari. “Essi – ha dichiarato – sottolineavano giustamente come sia importante l'uso di questi mezzi, in modo che 'come sale e luce fecondino e illuminino il mondo', portando la luce di Gesù Cristo e contribuendo al progresso di tutta l'umanità” per “mantenere la prospettiva evangelica in questa specie di 'autostrada globale della comunicazione'”.
C'è piena assonanza fra il Papa e il segretario della Cei e il pungolo usato nei confronti di noi giornalisti, non può che far bene nel dialogo con l'uomo d'oggi, senza manipolazioni di sorta.
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