I “samaritani” degli aiuti

La serie tv “The Samaritans”, creata da una casa di produzione keniota, mostra un lato poco conosciuto delle organizzazioni non governative e dell'aiuto allo sviluppo

Come gli aiutati vedono gli aiutanti: si può riassumere così la serie tv dal titolo “The Samaritans”. Si tratta di una commedia ideata, realizzata e distribuita dalla Xeinium, una piccola casa di produzione di Nairobi (Kenya).

L'idea è venuta a Hussein Kurji e Salim Keshavjee quando si sono resi conto che oltre 4.000 organizzazioni non governative sono registrate in Kenya, la maggior parte delle quali con sede nella capitale. E la popolazione locale di storie da raccontare ne ha a bizzeffe. Non solo in Kenya, ma anche in tutta l’Africa: gli stessi autori hanno riportato la notizia (ripresa dalla CNN) di un progetto, realizzato dal Dallas Safari Club, che mirava alla salvaguardia del rinoceronte in Namibia. Per raccogliere i fondi necessari alla sua realizzazione è stato organizzato un concorso a premi dove in palio vi era proprio un safari con annessa caccia al rinoceronte!

Ma a parte casi così eclatanti, capita di rado che queste storie raggiungano l’opinione pubblica del nord del mondo. E Xeinium ha faticato non poco a trovare i finanziamenti per poter realizzare la propria idea: per farlo si è affidata a Kickstarter (www.kickstarter.com), una piattaforma online per la raccolta di finanziamenti. La pagina si apre con questo slogan: “La vita in una ONG disfunzionale”.

Inizia così l'avventura, tanto entusiasmo a poco prezzo: “Agli attori riuscivamo a pagare solo i pasti nei giorni delle riprese”, affermano gli autori.

Non tutto il cast (multiculturale, così come è multiculturale la stessa capitale keniota) è composto da attori professionisti: alcuni sono anche ex dipendenti di organizzazioni non governative. E paradossalmente, appena scoperto per il progetto, un'associazione si è adoperata per cofinanziarlo. Grazie alla strategia online sono riusciti a raccogliere oltre 10.000,00 dollari; ora stanno trattando per la vendita dei diritti nel mondo anglosassone.

Fin da subito a livello locale la serie è stata seguitissima. Racconta le avventure all'interno di un'ipotetica organizzazione chiamata “Aid for Aid”. Cosa faccia di concreto questa realtà, neanche gli stessi lavoratori lo sanno: sono lì per “salvare l'Africa”, e tanto basta. Le storie si susseguono mostrando alcune delle contraddizioni che si trovano anche nella vita reale.

Il ventottenne statunitense, con due master e un tirocinio che diventa direttore grazie alla raccomandazione della madre; l'assistente al direttore, l'unica che ha più o meno un'idea del lavoro da fare, che manca di un soffio la promozione per l'arrivo del raccomandato.

Nel quotidiano si scrivono progetti e report seguendo il linguaggio dei donatori; ma quando l'organizzazione vince un finanziamento cospicuo iniziano le avventure per capire come utilizzarlo. A fianco alla narrazione divertente di “Aid for Aid” si sviluppa anche quella della loro concorrente, un'associazione virtuosa che mostra l'altra faccia della solidarietà internazionale.

La serie tv affronta in chiave ironica un tasto dolente: a fronte di un impegno decennale di aiuti all'Africa, i risultati sono all'altezza degli investimenti di tempo, energia, aspettative, sogni, idealismo e risorse economiche?

Rispetto all'inizio della cooperazione ci si sta spostando dall'aiutare all'insegnare: è famosa la frase “non diamo il pesce ma insegniamo a pescare”. Un approccio più costruttivo, ma che può implicare: “ti aiuto a pescare a modo mio quello che per me dovresti pescare”. Non è detto che il nord del mondo sappia davvero cos'è meglio per il sud.

Allo stereotipo occidentale sugli aiutati, si unisce poi quello degli aiutanti verso gli occidentali, spesso portafogli con le gambe. Un mondo scivoloso, quello della solidarietà internazionale: dove il bisogno di aiutare non sempre va di pari passo con il bisogno di essere aiutati. La fiction ci aiuta nella riflessione.

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