Mentre il mondo si preoccupa in attesa di capire la piega che prenderà l’enigma ucraino-russo, noi siamo alle prese con la nuova puntata della telenovela sulle riforme istituzionali, ovvero su quella elettorale. Può sembrare un enigma di minore portata, ma per il nostro paese non si tratta di una piccola cosa. Soprattutto perché stiamo sempre più precipitando in un gioco estremo di piccole furberie in cui si rischia davvero di creare un pasticcio colossale.
Vediamo alcuni termini della questione. Il vero problema è lo scontro fra coloro che vogliono tenere aperta la possibilità di sciogliere il Parlamento ed andare all’OK Corral elettorale e coloro che vogliono avere davanti una legislatura “lunga” per poter consolidare le loro posizioni di (sotto)potere. Le due parti non sono necessariamente identificabili come i partiti “grandi” per la prima e i partiti “piccoli” per la seconda. Ci sono infatti spaccature anche all’interno dei partiti maggiori sulla opportunità o meno di accelerare la prova elettorale, ma poco importa.
Il nodo del contendere ha finito per essere, poiché tutti hanno dovuto arrendersi all’impulso di Renzi per il creativo mezzo-maggioritario definito “Italicum”, la determinazione del tempo in cui si sarebbe potuto metterlo in pratica. Quel modello è incompatibile con l’esistenza di un bicameralismo paritario, perché contiene la possibilità, per non dire il rischio concreto che si determino due maggioranze di segno diverso nella Camera e nel Senato: e visto il premio si tratterebbe di maggioranze blindate. Dunque bisogna gioco forza ridisegnare il ruolo del Senato. Renzi dice che si deve sostanzialmente abolire, in realtà basterebbe privarlo del potere di dare la fiducia al governo.
In entrambi i casi ci vuole però una riforma costituzionale, cioè una legge che richiede tempi di approvazione molto lunghi. Perciò c’è chi potrebbe bloccare la riforma elettorale in attesa che passi la riforma costituzionale del Senato. Dunque bisogna trovare una via d’uscita che consenta a Renzi di non perdere la faccia avendo promesso l’approvazione dell’Italicum in tempi brevi.
Ecco allora la furbata, che apparentemente giova a tutti. Si faccia subito la riforma elettorale per la Camera; per il Senato varrà intanto il vecchio Porcellum nella versione riformata dalla Consulta, ma non c’è problema perché tanto il Senato verrà abolito nella sua forma attuale.
Perché tutti pensano di averci guadagnato? I grandi partiti perché tutto sommato se fosse possibile ed utile al voto anticipato si può comunque andare. I piccoli partiti perché pensano che alla fine nessuno sarà tanto irresponsabile da andare al risiko di un Senato eletto col proporzionale puro (che in questo immaginario favorisce automaticamente la frammentazione, dunque i piccoli), ma se poi ci si andasse i piccoli guadagnerebbero peso, visto che per la fiducia in quella Camera si dovrebbero fare grandi pateracchi (ben più che larghe coalizioni).
Si tratta però del classico calcolo senza l’oste. Si suppone infatti che l’elettorato sia sempre quello del passato, il che invece è più che dubbio. Gli scossoni in cui stiamo vivendo, il clima di attacco generico alla politica, i riflessi delle crisi economiche ed internazionali, incideranno senz’altro sui comportamenti. In più difficile immaginare che la gente voti con una testa per la Camera e con una testa diversa per il Senato, soprattutto quando saprà che per la prima a decidere sarà poi un ballottaggio.
Si tenga anche conto del clima avvelenato in cui vive oggi la politica, come si può constatare dall’attacco ai cosiddetti sottosegretari indagati. Qui si mette in un mucchio chi, come il senatore Gentile non è indagato, ma ha un figlio indagato per reati di corruzione e si muove con amicizie che usano l’intimidazione come metodo di scambio, e chi, come il viceministro Bubbico, ha un tipico inciampo da amministratore pubblico, perché si è servito per una perizia complessa di una consulenza esterna anziché di funzionari regionali interni. Pensiamo, tanto per dire, che in quest’ultimo caso la vicenda risale al 2006 (e non siamo ancora alla pronuncia di primo grado!) e che sino a ieri non c’era stato nessun reale “allarme” per la faccenda (si aggiunga che per posizioni delicatissime come le candidature per il Ministero degli Interni c’è un filtro assai rigoroso da parte del Quirinale…).
In un clima così, pensare che le prove elettorali siano un buon modo di testare la tenuta del paese è più che irresponsabile, ma lo è altrettanto pensare che si possa ancora far conto sul sottogoverno come una modalità per “radicarsi” nell’elettorato.
Sono giochi d’azzardo che rischiano di portare tutti i giocatori alla rovina. Inutile dunque speculare su chi ha vinto, se Alfano, Berlusconi, Renzi o chi altro: l’impressione è che tutti stiamo lavorando per intrappolarsi nella stessa rete, senza tenere conto che la apertura di credito che il nuovo governo ha avuto non va sprecata, se non si vuol perdere l’occasione di sistemare almeno alcune falle prima che diventino ingestibili.
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