C’è da parte nostra un certo stupore riguardo allo stupore con cui vengono considerati i primi successi di Renzi nelle sue trasferte all’estero. Non è un facile gioco di parole e cercheremo di spiegarlo. Molti commentatori si affrettano a far notare che sono frasi di facciata, che in realtà tedeschi e francesi continuano a guardare all’Italia con diffidenza, che ci sono dossier nelle varie cancellerie che mettono a nudo le difficoltà che il presidente del consiglio si troverà davanti quando trasformerà gli annunci in fatti.
Non sono osservazioni infondate, ma potevano tranquillamente essere applicate a tutti i presidenti del consiglio italiani che hanno girato per l’Europa nei quindici anni passati. E’ molto tempo infatti che l’Italia è guardata con diffidenza, che si profetizza, più o meno malignamente, la nostra catastrofe nazionale prossima ventura. Poi la diplomazia fa sempre giochi di facciata, perché nessuno può scegliersi i partner, essendo che questi vengono assegnati dagli elettorati dei vari paesi e dunque è buona tattica cercare di tirarli dalla propria parte. Quanto alla formulazione di dossier sullo stato di salute dei paesi con cui si ha a che fare, ogni ministero degli esteri, ogni cancelleria ne è piena: è il lavoro normale a cui vengono chiamati gli analisti politici.
La questione è, semmai, quanto questi dossier sono “acuti” nelle interpretazioni. Quelli sull’Italia, per alcune esperienze fatte, non lo sono spesso: purtroppo gli analisti stranieri si fidano molto della mania degli italiani di auto denigrarsi. Anche chi scrive può testimoniare di aver parlato non molti mesi con un diplomatico tedesco che gli spiegava che in Italia non c’era una vera crisi. Quale era la sua fonte? Tanti industriali “del Nord” che gli avevano spiegato che in fondo siamo un paese dove l’economia va bene (e pensare che quando lo diceva Berlusconi non si fidavano…).
Battute a parte, l’attenzione che al momento Renzi trova fuori d’Italia è autentica ed è facile spiegarne la ragione. Il giovane presidente del consiglio ha mostrato che una politica ingessata poteva essere messa in angolo, se non proprio spazzata via, ha scardinato le resistenze di alcuni tabù, ha fatto vedere che si può mobilitare un consenso popolare. Cioè ha fatto molte cose che all’estero (ma anche da noi) si ritenevano impossibili. Di conseguenza i governi dei grandi paesi europei sono disposti a sostenerlo un po’, perché se sblocca la situazione italiana è un vantaggio per tutti.
Intendiamoci: i nostri partner non rischiano nulla con questa apertura di credito. Se le cose in Italia andranno male, peggio per noi, ma per loro non sarà troppo diverso da com’era prima. Tanto vale rischiare qualche buona parola, roba che costa poco.
Il problema per Renzi è adesso mettere a frutto queste aperture di credito che per varie ragioni dureranno probabilmente almeno sino alla chiusura delle urne europee. Per quel momento però il nostro presidente deve avere raggiunto qualche risultato e non solo in termini banalmente materiali. Certo per lui mantenere le promesse fatte è essenziale, ma almeno in una prima fase potrebbe non essere troppo difficile. Il sismografo degli umori politici ci mostra già in ritirata quelli che la settimana scorsa lo avevano criticato ferocemente. Anche nel PD si comincia a capire che l’attacco a Renzi è semplicemente al momento un suicidio collettivo. Persino l’opposizione di FI si mostra cauta, almeno quella che conta. Brunetta e Santanché sono lasciati liberi di fare i loro numeri a base di frizzi e lazzi, ma si sa che sono maschere. Romani, Toti ed altri sono guardinghi e misurano gli attacchi sotto le mentite spoglie di chi sarebbe pronto ad aiutare, se solo Renzi facesse davvero quel che dice di voler fare (e si sarà notato che cercano di dire che il premier ha saccheggiato in realtà il “loro” programma…).
Così l’attuale governo è riuscito ad arrivare in mezzo al guado, ma deve riuscire a risalire sulla riva opposta. Per questo non gli basterà l’abilità comunicativa di Renzi, né l’apertura di credito a novità che si credeva non si sarebbero viste mai. Adesso c’è bisogno di un gioco di squadra e della costruzione di una base di consenso solida in un sistema di classi dirigenti allargate. Si deve insomma reclutare e coinvolgere: un gioco che in politica è sempre difficile, per la paura della concorrenza che anima coloro che già siedono sulle varie poltrone.
Lascia una recensione