Un impegno etico testimoniato dalle stiliste Jacqueline Shaw e Marina Spadafora, ospiti dell'incontro di presentazione
Sfilano con eleganza su tacchi altissimi come se fossero sulle passerelle più prestigiose e con pause studiate danno il tempo di ammirare gli abiti indossati: un mix tra i colori della cultura africana e lo stile italiano anni 20. Un momento di alta moda regalato dalle studentesse del Centromoda Canossa di Trento insieme a tre giovani provenienti dal Togo – Augustine, Fara e Lucia – durante l'incontro organizzato dal Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale e dalla Fondazione Canossiana svoltosi giovedì 5 dicembre nell'aula magna dell'istituto.
L'evento ha offerto l'occasione per valorizzare "Urban African Tribes/Trento-Lomè", progetto avviato dal Centro di Formazione Professionale "Centromoda Canossa" e dall'Istituto Pavoniano Artigianelli per le Arti Grafiche in collaborazione con Mandacarù Altromercato, Centre Catholique de Formation Professionnelle "Madre Agata Carelli" e con il sostegno della Provincia e del Comune di Trento. Partito con il seminario tenuto nei giorni scorsi dalla stilista Jacqueline Shaw, continuerà con un viaggio che porterà le studentesse italiane a Lomè, in Togo, per preparare una collezione che verrà presentata a Trento nella primavera del prossimo anno, come hanno spiegato Alberto Garniga, coordinatore del Centromoda Canossa e Giancarlo Urbani, responsabile della Fondazione Canossiana. Un'esperienza che dalle aule si trasferisce in un continente dalle enormi potenzialità e risorse nel nome di un impegno etico a cui hanno dato voce Jacqueline Shaw e Marina Spadafora, ospiti d'eccezione dell'incontro. Le stiliste hanno mostrato come gli "Intrecci di tessuto", di esperienze, culture e tradizioni, rendano possibile fare impresa senza dimenticare valori etici e sostenibilità ambientale.
Ma cos'è la moda etica? Raramente pensiamo a dove e come vengono confezionati i nostri vestiti ma ogni capo di abbigliamento è frutto del lavoro di molte persone. Per questo Spadafora afferma che un abito è una storia da indossare, e creare collezioni di tendenza e fare business può e deve convivere con il rispetto dei diritti di chi presiede alle fasi di produzione e confezionamento dei materiali. "Ho sempre avvertito il desiderio di far combaciare gli ideali coltivati con la mia professionalità", ha spiegato la stilista raccontando il punto di svolta della sua carriera avvenuto nel 2007 in seguito ad un viaggio in Africa. Dopo aver lavorato con partner importanti come Prada, Miu Miu, Piazza Sempione, ha iniziato a intrecciare i fili dei grandi marchi con le realtà produttive africane aiutando i fornitori ad approdare sui mercati occidentali e al tempo stesso promuovendo la produzione locale. Dai suoi viaggi la stilista ha sempre tratto forte ispirazione come mostrato nel video girato nella valle dell'Omo, in Etiopia, dove ha scoperto la tradizione locale del bodypainting riportandola sulle borse disegnate per Pinko. Oggi Spadafora è direttrice creativa di Altromercato, la linea moda prodotta nei paesi del sud del mondo che appartengono al mercato equo e solidale.
"La moda etica può far rinascere l'industria tessile a livello globale e africano e i tessuti locali saranno usati per collezioni di lusso valorizzando una produzione a mano di alta qualità". Non più l'Africa povera, malata, bisognosa di aiuti che creano dipendenza dal mondo occidentale, ma un Paese dal grande potenziale: è il ritratto descritto da Jacqueline Shaw impegnata a promuovere campagne di sensibilizzazione per sostenere il cambiamento in atto attraverso il sito africafashionguide.com e il libro "Fashion Africa".
“Sembra sempre impossibile finché non viene fatto”, diceva Mandela. È l’augurio che Spadafora ha rivolto agli stilisti del futuro indicando una strada in cui la moda che sa porsi al servizio di uno sviluppo sostenibile è creatività responsabile, fonte di una bellezza che privilegia il lavoro dell’uomo rispetto al profitto.
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