In Trentino lo spettacolo “Ferite a morte”: donne sul palco per dire no alla violenza
Più di 150. Circa una ogni due giorni. Tante in Italia nel 2012 le donne che hanno perso la vita per mano del marito, del compagno, di un ex, di un uomo che faceva parte della loro vita. “Ce l'avevo in casa, il mostro. E non lo sapevo!”. Questa l'amara considerazione che apre il primo dei monologhi dello spettacolo-denuncia “Ferite a morte” presentato martedì al Teatro comunale di Tesero (replicato a Pergine il giorno dopo e previsto a Riva il 2 dicembre). Una tournée con cinquanta tappe in tutta Italia per il lavoro di Serena Dandini con la collaborazione di Maura Misiti e che vede sul palco quattro donne: Lella Costa, Orsetta De Rossi, Giorgia Cardaci e Rita Pelusio.
Una scenografia essenziale: una sedia, un leggio, due schermi su cui le immagini accompagnano le storie narrate. Le storie, tratte da fatti di cronaca realmente successi, di donne più o meno giovani, alcune ancora bambine, vittime di violenza all'interno delle mura domestiche. Tra una storia e l'altra la musica. Storie raccontate alternativamente dalle quattro bravissime attrici vestite di nero con l'eloquente dettaglio delle scarpe rosse. Storie drammatiche, crude che colpiscono lo spettatore come un pugno nello stomaco. Il linguaggio teatrale diretto ed emotivamente carico, infatti, arriva al cuore e alla coscienza di chi ascolta, guarda, si fa coinvolgere, molto più delle asettiche parole, per lo più votate allo scoop, del linguaggio giornalistico usato per informare di questi femminicidi in televisione o sui giornali. Uno spettacolo drammatico in cui le parole tristi e amareggiate giocano di contrasto con le note di ironia e le punte grottesche con cui le donne rievocano ciò che è loro successo. Essendo morte, queste donne non hanno più niente da perdere e quindi possono raccontare la loro vicenda in assoluta sincerità e libertà senza più condizionamenti. Sono donne provenienti da diverse regioni, di diversa nazionalità, di età e di estrazione sociale differente. Unico punto in comune aver amato un uomo violento, un uomo che, vedendosi (o credendosi) indebolito davanti a loro non ha trovato soluzione migliore che ucciderle. Sono donne che in vita hanno anche cercato di giustificare la violenza dei loro uomini, che l'hanno accettata ritenendola “normale”, ma che poi hanno pagato con la vita il loro amore, la loro accettazione, il loro ultimo “sì”, il silenzio lacerante con cui hanno nascosto ferite invisibili e il presagio della morte.
Serena Dandini ha dato voce all'indicibile che si nasconde dietro le persiane chiuse di troppe case, voce perché per molte altre donne non debba ancora essere “troppo tardi”. Parole per combattere delitti annunciati, punta di un iceberg di sofferenza silenziosa, di soprusi e dolore. Parole per smuovere le coscienze e farle reagire contro la violenza di genere subita, perpetrata o vista subire e perpetrare. Un'ora e mezza di teatro intenso, duro. Un lavoro che toglie il fiato e fa riflettere. Molto. Donne e uomini.
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