Piercarlo e Chiara con i loro tre figli da due anni aprono la loro casa per un affido diurno: “Condividere è linfa vitale per la vita di ognuno di noi, specialmente dei nostri figli” ]
[La rete della Comunità Murialdo e dell'equipe multidisciplinare, il sostegno della fede attraverso il “cammino neocatecumenale].
[L'impegno educativo: “I bambini ci guardano anche quando sono di spalle”
Un giorno di festa, ma anche tante giornate di vita normale. Nella domenica settembrina in cui le famiglie trentine festeggiano il giubileo, si portano addosso anche il grembiule del quotidiano, quell’abito feriale – talvolta stressante e faticoso, sempre colorato – che le fa comunque crescere e diventare grandi.
A casa Busetto, a due passi dal Duomo di Trento, l’ora di cena è reclamata dalla piccola Miriam, un anno, che pretende giustamente le attenzioni di mamma Chiara, mentre papà Piercarlo, medico, è conteso dai figli Paolo, 9 anni e Luca 7, appena rientrato euforico da una festa di compleanno. C’è da apparecchiare la tavola per sette, perché dal lunedì al giovedì qui si fermano nel pomeriggio anche altri due ragazzini che la loro mamma viene a prendere subito dopo cena.
Dura da due anni quest’accoglienza diurna che arricchisce di voci e di attenzioni l’appartamento al terzo piano e anche il giardinetto sotto casa. “Se rivedo la mia vita fin dagli anni del volontariato in parrocchia a Verona – racconta Chiara, di professione insegnante – vedo coltivata quest’idea del servizio, cominciata con la visita ad alcune case famiglia. Un’idea che ho condiviso poi con Piercarlo: ancora prima di sposarci ci siamo promessi di essere disponibili ad aprirci non solo ai figli che Dio ci avrebbe donato ma anche ad altre persone”.
Il percorso di ricerca li ha portati a frequentare gli incontri di sensibilizzazione e i corsi formativi della Comunità Murialdo: quando nel settembre di due anni fa è cominciato l’affido familiare non sapevano ancora che sarebbe arrivata anche la terzogenita Miriam. Raccontano: “Questa esperienza, nonostante la normale fatica di ogni giorno, ci conferma nella convinzione che condividere con chi è meno fortunato il benessere e la serenità che grazie a Dio c’è nella nostra famiglia è linfa vitale per la vita di ognuno di noi, specialmente dei nostri figli”.
Per averne conferma basta constatare come si è evoluto il rapporto con i due ragazzi in affido e anche con la loro mamma: “Chi è cresciuto da piccolo in una situazione di disagio familiare si sente come intrappolato in una condizione che nemmeno la vita adulta potrebbe risolvere. Mentre avere la possibilità di fare esperienze di famiglia “altra” apre orizzonti nuovi, inaspettati che ridanno fiducia in un futuro migliore”.
Il resto lo fa il lavoro di rete con le altre figure previste dai servizi sociali e la progettualità condivisa dalla famiglia all’interno di quella che da pochi mesi si chiama in sigla EMAMeF (Equipe Multidisciplinare per l’Affidamento Minori e Famiglie) che vede collaborare insieme la Provincia, l’Azienda Sanitaria e la Comunità Murialdo del Trentino Alto Adige. “Abbiamo avuto un sostegno importante, sia nella fase della formazione che ora nella realizzazione di quest’accoglienza; la rete ha saputo proteggere e indirizzare la nostra famiglia in questo difficile e delicato compito al fine di dare un aiuto mirato ed efficace”, osserva Chiara che, dopo 18 anni di lavoro come insegnante di scuola dell’Infanzia,ha scelto di licenziarsi per condividere il tempo con questa famiglia allargata: “Si tratta di scegliere insieme delle priorità – osserva Piercarlo – ma alla fine ci accorgiamo che, come ogni scelta di volontariato, è più quello che si riceve che non quello che si dà” e aggiunge un’immagine geometrica molto efficace: “Nella vicinanza tra due insieme diversi – una famiglia che accoglie e una che viene accolta – si realizza un insieme nuovo, che non è solo un’intersezione, ma un arricchimento ulteriore per tutte e due”.
Un'esperienza attualmente vissuta da numerose famiglie in Trentino, ma non facile in tempi di crisi in cui la spending review sembra giustificare minor investimenti in gratuità e legittimare chiusure nella cerchia delle proprie sicurezze. Tanto che lo scorso anno alle 30 richieste di bambini “da affidare” in Trentino si sono trovate 17 coppie disponibili, un numero insufficiente.
Anche per questo, senza sentirsi per nulla speciali, Chiara e Piercarlo aggiungono: “Questa nuova realtà ci permette di trascorrere ancora molto tempo con i bambini, di essere aperti alla vita e passare giornate giornate distese e serene come prima. Questa situazione ha anche dei riflessi sul tenore di vita e ci obbliga a compiere delle scelte di stile più sobrio, ma non meno gratificante e sicuramente sostenibile per tutti”.
Non nascondono che il sostegno è venuto soprattutto dalla fede che li ha portati anche ad altre scelte coerenti (Chiara anima un gruppo di catechesi, Piercarlo si presta per incontri di volontariato medico), perché 'a chi molto ha ricevuto molto verrà chiesto'. Una scelta cristiana alimentata dai due incontri settimanali del loro gruppo del “cammino neocatecumenale che si ritrova presso la parrocchia di San Giuseppe”.
La Chiesa cerca di “copiare” le famiglie, cosa significa per voi “educare alla vita buona del Vangelo”, come dice il tema del decennio della CEI? “Che domandona – risponde di getto Chiara – forse significa solo vivere nel quotidiano la pedagogia del Vangelo, lo stile di Gesù. Ogni giorno ci offre lo spunto: penso al perdono (quando i ragazzi vorrebbero vendicarsi contro chi ha fatto loro un torto), oppure alla riconoscenza nella preghiera serale (il cibo, il vestito, la casa, poter andare a scuola non è scontato, ci è stato donato è Dio che provvede). Ma forse quello che educa di più non sono le parole ma lo stile di vita “ perché i bambini ci guardano anche quando sono di spalle”.
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