Nella sua azienda Sint-Roc segue la produzione delle pareti per l’arrampicata dalla progettazione fino al collaudo finale: “Per primi, in Italia, abbiamo avuto l’idea di realizzare una parete artificiale per l’arrampicata. Le prime prese le abbiamo modellate con il Das, e poi cotte con il forno di casa…”, racconta Angelo Seneci, intervistato dai ragazzi della classe 1a D delle scuole medie di Lavis.
Signor Seneci, di che cosa si occupa?
Costruisco pareti artificiali per l’arrampicata. In questi impianti gli appassionati possono scoprire e praticare questo sport anche indoor, cioè al chiuso, in un ambiente protetto e sicuro.
Da quanto tempo fa questo lavoro?
Dal 1988, quando abbiamo inventato la prima parete artificiale di arrampicata in Italia, una tre le prime anche nel mondo.
Come è arrivato a diventare costruttore di pareti?
Organizzavo il Rock Master di Arco; dopo la prima edizione del 1987 ci fu comunicato che la parete dove si organizzava la gara, la Rupe del Castello, non era più agibile per questioni di sicurezza legate alla caduta dei sassi. Si poneva quindi il problema di dove andare. Fu allora che proponemmo la realizzazione di una parete artificiale per arrampicata, lanciando una sfida importante perché questi impianti ancora non esistevano. Da quel primo esperimento ho pensato che poteva diventare un’idea di lavoro ed è cominciata l’avventura della mia azienda.
Quali sono stati i primi passi?
Abbiamo provato a dare forma alle prime prese partendo dagli appigli delle pareti naturali: abbiamo provato a modellarli con il Das, cuocendoli nel forno di casa. Allora non era un’azienda, ma un tentativo di noi appassionati, coinvolti nell’organizzazione del Rock Master, di creare questa parete. Poi, ovviamente, la produzione è stata fatta in modo un po’ più complesso…
Come è organizzata la sua azienda?
Facciamo tutto in Trentino: non abbiamo portato all’estero la produzione perché cerchiamo di controllarne tutti i momenti, compresa la messa in opera delle struttura. La parte commerciale si occupa della vendita; l’ufficio tecnico progetta la parete; nei due stabilimenti vengono costruiti la struttura in acciaio, i pannelli per arrampicata in legno multistrato o in vetroresina e le prese (dove ci si “attacca”) in resina sintetica; infine abbiamo degli addetti al montaggio della parete.
La parete viene anche collaudata?
Certo, la norma europea impone una prova di carico a fine lavori. In fase di progettazione dobbiamo fare molti calcoli statici sulla base delle norme europee che definiscono i carichi: ad esempio quando una persona cade, il punto in cui viene esercitata la forza (dovuta allo strappo della caduta) deve tenere 660 chili. Dai calcoli, inseriti nel disegno progettuale, dipende la grandezza dell’acciaio, la sua posizione… Tutto deve essere verificato a fine lavori.
Quanto ci si mette a fare una parete, e quanto può costare?
Dipende dalle dimensioni: una parete piccola, magari per una scuola, la costruiamo in pochi giorni e costa qualche migliaio di euro; un grande impianto invece può ospitare anche 200 persone al giorno: necessita di tre o quattro mesi di lavoro e può arrivare a costare qualche centinaio di migliaio di euro.
Perché gli appigli hanno colori diversi?
Per identificare, sulla stessa parete, vie di arrampicata diverse. La piccola rivoluzione portata, a metà degli anni ’80, dalle strutture artificiali è stata proprio l’idea di poter spostare e fissare le prese sulla parete in punti diversi. Ad esempio in un corridoio di arrampicata largo due metri posso tracciare quattro o cinque itinerari, identificati dai vari colori, ognuno con un diverso livello di difficoltà.
Come si chiama la sua azienda?
Il logo commerciale è Sint-grips ma il nome, in realtà, è un po’ più lungo: Sint Roc & Ecogrips: eravamo due aziende concorrenti che poi si sono messe insieme per crescere. Oggi vendiamo in tutta Europa, a volte in giro per il mondo, continuando ad inventare cose nuove. La nostra sede è ad Arco, la capitale storica dell’arrampicata in Europa. Poi abbiamo uno stabilimento anche a Gardolo.
Quante persone arrampicano in Europa?
Sulla base della presenza nelle sale di arrampicata delle grandi città, si stima che siano circa 4 milioni. In Italia sono più di 200.000; la Federazione, che raggruppa chi fa le gare associa quasi 20.000 persone.
È una Federazione riconosciuta dal Coni?
L’Italia, l’abbiamo detto, è un pioniere nella disciplina: la federazione è nata nel 1987. Nel 1990 è stata riconosciuta dal Coni non come federazione ma come disciplina associata, e lo è tuttora. L’anno prossimo però potrebbe esserci un salto in avanti, perché l’arrampicata è entrata nella short list dei cinque sport papabili per i giochi olimpici del 2020.
In televisione vengono trasmesse gare di arrampicata?
Quest’anno ad Arco, dopo 25 anni di Rock Master, si sono svolti i mondiali: abbiamo avuto un’importante visibilità televisiva con 11 ore di diretta su Rai Sport.
Quali sono le prospettive dell’arrampicata? Crede che finirà il boom che ha interessato questo sport negli ultimi anni?
In Italia è ancora in crescita; dopo il boom si stabilizzerà, ma non credo che assisteremo ad una decrescita. Oggi l’arrampicata sportiva non è più uno sport occasionale, un momento ricreativo “da vacanza”, come poteva essere anni fa; è diventata un’attività sportiva come le altre, praticata dopo scuola, dopo il lavoro. Di solito la svolta avviene quando nelle grandi città viene costruita una palestra. Le pareti artificiali permettono agli alpinisti di allenarsi in vista delle salite estive, ma soprattutto permettono a chi è appassionato di questo sport di praticarlo in modo continuativo… anche durante il lungo inverno.
intervista a cura della classe 1a D delle scuole medie di Lavis
La scheda:
Nome: Angelo
Cognome: Seneci
Attività: costruttore di palestre per l’arrampicata sportiva
Segni particolari: tra i pionieri in Trentino di questa disciplina, è tra i fondatori del famoso Rock Master che ha portato la cittadina di Arco al centro dell’attenzione mondiale per l’arrampicata sportiva.
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