Lo scalpellino Johann Jacob

Lavora la pietra per creare fontane, la sua specialità, ma anche sculture, incisioni, oggetti cimiteriali e pezzi d’arredo: è il mestiere di montagna dello scalpellino Johann Jacob, intervistato dai ragazzi della 1a B delle scuole medie dell’Istituto Sacro Cuore di Trento.

Jacob, in che cosa consiste il suo lavoro?

Semplicemente nel prendere delle pietre e lavorarle per creare delle opere di vario tipo: principalmente fontane, e poi lavori cimiteriali, sculture, targhe commemorative, incisioni, tavoli, caminetti… spazio alla fantasia. Anche i lavori di rifinitura – quindi restauro e riparazioni – di vecchi oggetti ed elementi architettonici sono una buona fetta del mio lavoro.

Che tipo di pietra lavora di solito?

Tendenzialmente cerco di utilizzare quelle che si trovano nella nostra regione: il calcare rosso, il granito della Val di Genova o quello della Val d’Isarco, il porfido e l’arenaria, usata principalmente per i lavori di restauro. Ho fatto qualche piccolo esperimento anche su pietre esotiche, che arrivavano da lontano, ma non fanno parte della produzione normale.

Che strumenti utilizza per realizzare le sue opere?

Quelli che usavano gli scalpellini di cento anni fa: il mazzuolo, cioè il martello, e lo scalpello, o la punta. Oggi ci sono anche i martelli pneumatici, che sono più veloci, ma la funzione è sempre la stessa e lo scalpello viene ancora guidato a mano. Il primo strumento comunque restano sempre le mani: non manca, ogni tanto, qualche colpo fuori misura.

La tecnologia, quindi, non ha aiutato il vostro lavoro?

Ci sono state grandissime innovazioni, specialmente nel campo della lavorazione industriale di serie: macchinari sempre più grossi e, con l’avvento dei dischi diamantati, più efficienti. Però il lavoro dello scalpellino ha mantenuto ancora molto dell’antica tradizione. Anch’io uso strumenti – come la molla a disco – che velocizzano il lavoro ma lo scalpello rimane ancora al primo posto.

Qual è la scultura più richiesta?

Per fortuna non esiste: così ho la possibilità di inventarmi e realizzare sempre cose nuove. Nel mio essere artigiano c’è molto anche dell’artista.

Lavora insieme ad altre persone?

Lavoro da solo, nella mia ditta, ma collaboro con altre aziende, prima tra tutte quella dei miei zii che hanno un grosso laboratorio ad Egna: io rifinisco i loro manufatti e in cambio posso creare lì anche i miei lavori. Mantengo un rapporto di collaborazione anche con altre aziende.

Ha scelto lei questo mestiere o si è tramandato di padre in figlio?

Sono scalpellino di quarta generazione: ha cominciato il mio bisnonno, che da Levico si è spostato a Merano, poi mio nonno si è trasferito a Bolzano e infine a Egna. La mia è una famiglia di scalpellini: c’è chi è più portato nella lavorazione con i macchinari e chi, come me, preferisce quella manuale.

Ha anche studiato o frequentato dei corsi?

Dopo le medie ho frequentato la scuola professionale per scalpellini a Lasa, in Val Venosta, da dove proviene anche un marmo pregiato. Poi ho frequentato l’Istituto d’Arte di Trento: non c’era l’indirizzo della pietra così ho scelto quello del legno.

Quanto tempo ci mette a realizzare un’opera?

Ogni pezzo è un’opera unica ed ha un suo inizio e una sua fine, sempre diversi. Quando faccio un preventivo per il cliente devo però fare una stima: mi capita di svegliarmi alle quattro di mattina e di percorrere mentalmente, fino alle sei, tutti i passaggi necessari. Si tratta sempre di stime ma con gli anni h7o maturato una certa esperienza.

Quanto costa un’opera delle sue?

Dipende da molte variabili, una di queste è proprio il tempo che impiego a realizzarla, un’altra è il rischio, perché a volte la pietra potrebbe rompersi a metà del lavoro e va tenuto conto anche di questo.

Quali sono le doti del buon scalpellino?

Sicuramente la pazienza. Ci vuole tantissima calma e costanza: sono lavori molto lunghi, e bisogna mantenere sempre la concentrazione perché ogni dettaglio è importante e sarebbe un peccato rovinare un lavoro al quale si dedica così tanto tempo solo per colpa della nostra sbadataggine.

Da dove si estrae la pietra?

Dalle cave: nella nostra regione quelle per le pietre ornamentali, usate per i lavori che faccio io, non sono molte. Ci sono cave a Villamontagna, in Val di Genova, in Alto Adige, ma sono poche rispetto a tutta la pietra che abbiamo nella nostra regione. Per esempio la dolomia non è adatta ad essere scolpita.

Questo lavoro ha effetti sulla sua salute?

Sì, bisogna proteggersi bene – dalle schegge negli occhi, dalla polvere, dal rumore – e non sottovalutare la postura e il sollevamento di carichi molto pesanti. Come ogni lavoro bisogna sempre fare attenzione.

C’è un modello di scalpellino o scultore al quale si ispira?

Quando avevo diciassette anni sono stato due settimane a Pietrasanta, nella zona del marmo di Carrara, presso uno scultore che nonostante i suoi ottantaquattro anni trascorreva otto ore al giorno, tutti i giorni, nel suo laboratorio. Non concludeva più grandi cose, ma lavorava ancora con impegno e passione.

Intervista della 1a B dell’Istituto Sacro Cuore di Trento (scuole medie)


La scheda: 

Nome: Johann

Cognome: Jacob

Attività: Scalpellino

Segni particolari: “Artista della pietra” di quarta generazione, con un’esperienza ormai ventennale, lavora a San Michele all’Adige nell’azienda familiare in cui lo accompagna la moglie Barbara.

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