Il mestiere dell’esploratore di montagna unisce lo studio di un ambiente alla conservazione ed alla protezione dello stesso, perché bisogna “imparare fin da giovani a rispettare la natura ed il pianeta”, spiega Francesco Rovero, intervistato dai ragazzi della classe 1a B dell’istituto Sacro Cuore.
Signor Francesco in cosa consiste il suo lavoro?
Attraverso la ricerca, unisco l’esplorazione e lo studio della fauna di un ambiente alla conservazione ed alla protezione dello stesso, collaborando sia con le istituzioni locali, e cioè Parchi naturali o governi, sia con le comunità presenti sul territorio. Inoltre uno dei compiti principali del Museo è quello di occuparsi dell’insegnamento didattico dell’educazione ambientale.
Quali sono le aree geografiche in cui compie le sue ricerche?
Da diversi anni lavoro per il Museo di Trento ad un progetto in Tanzania. Per differenti scopi ma anche per spirito di ricerca ed esplorazione, sono stato anche in altre aree dell’Africa orientale e del Sud America. Il prossimo mese invece andrò in Laos, per un corso di formazione presso una locale stazione di ricerca tropicale.
Perché ha scelto questa prefessione?
Mi sono laureato in scienze naturali e sono riuscito a trasformare quella che da ragazzo era una grande passione per la natura e gli animali, in un vero e proprio lavoro.
Quale aspetto preferisce del suo lavoro?
Certamente quello dell’esplorazione. Ho la fortuna di lavorare in posti interessanti, immerso in una straordinaria cornice naturale: inoltre nel mio lavoro è importantissimo il contatto con la cultura delle popolazioni del posto. Lavoriamo infatti anche per coinvolgere i locali e renderli consapevoli protagonisti nella conservazione della natura che li circonda.
Ma cosa centra il suo lavoro con la montagna?
Il Museo di Trento opera di norma in ambito alpino, con i suoi zoologi, geologi o botanici. Non dimentichiamo che noi operiamo in luoghi ad elevata altitudine. In Tanzania vi sono rilievi fino a tremila metri: si tratta però di catene montuose completamente differenti dalle nostre. Il clima è infatti tropicale, molto piovoso: così anche i rilievi più alti sono coperti dalla fitta vegetazione della foresta pluviale.
Cosa intende esattamente per foresta pluviale?
Una foresta con vegetazione densa e fitta. Alberi che si stagliano fino a 60 metri di altezza: essere in una foresta pluviale significa addentrarsi in un ambiente davvero suggestivo, ricco di suoni e rumori di ogni genere.
Tornando agli animali, ci racconta la sua scoperta più importante?
È avvenuta nel febbraio dello scorso anno, ma per definirla una vera e propria scoperta scientifica ci sono voluti, pensate, quasi tre anni di lavoro. Si tratta di una nuova specie di mammifero, un animale molto raro che per le sue caratteristiche abbiamo chiamato toporagno elefante gigante.
Da dove deriva questo buffo appellativo?
L’animale in questione è un insettivoro, lungo anche sessanta centimetri e pesante fino a 700 grammi, dotato di forti unghie. Un esemplare particolarissimo dotato di proboscide lunga e flessibile, evidente segno di parentela con gli elefanti. Insomma, un grosso ratto che presenta contemporaneamente caratteristiche dei piccoli comuni toporagni, condividendo però anche un antenato comune con i grandi pachidermi africani.
Il nome può creare però confusione, non trova?
Certamente, ed infatti oggi il nome con cui questo animale è conosciuto nella letteratura scientifica internazionale è Sengi, dal nome Swahili.
È stato facile trovare Sengi?
No, è stato un processo molto lungo. In questa scoperta la tecnologia ha giocato un ruolo fondamentale: infatti, a seguito di alcuni avvistamenti – era il 2005 – abbiamo piazzato delle fotocamere digitali automatiche appositamente studiate per scattare al passaggio di un animale. Immaginatevi la sorpresa e la felicità al momento dello sviluppo delle fotografie in laboratorio.
Ma cosa significa esattamente scoprire un animale?
È un processo molto lungo, lo stesso che abbiamo dovuto seguire per realizzare una “carta d’identità” del toporagno. Dopo averne identificato le caratteristiche “uniche”, occorre dargli un nome scientifico e pubblicare la descrizione in una rivista scientifica internazionale. Poi quattro esemplari sono stati inviati ad altrettanti musei: nel caso di Sengi tutta la procedura è durata fino a febbraio 2008. La scoperta ha naturalmente avuto grande eco, guadagnandosi alcune delle copertine delle più note riviste scientifiche, anche nel web.
I locali già conoscevano Sengi?
Pochi, soprattutto anziani, lo hanno riconosciuto in fotografia. Il toporagno elefante gigante vive soltanto nella zona dei Monti Udzungwa, Tanzania centro-meridionale, in un luogo piuttosto distante da dove operiamo solitamente. Siamo stati anche molto fortunati dato che, pur trattandosi di una specie appena scoperta, paradossalmente, è già considerata a rischio di estinzione.
Che consiglio vuole dare infine a noi ragazzi?
Chi è appassionato della natura già ora, oggi ha la possibilità di perseguire la sua passione in tantissimi indirizzi universitari. La biodiversità inoltre rimane un tema centrale nello sviluppo comune, affiancandosi ad altre tematiche globali come la sostenibilità ambientale e del clima. Imparate a conservare il pianeta, perché senza l’aiuto della natura l’uomo non può andare avanti.
intervista della classe 1a B dell’istituto Sacro Cuore
La scheda:
Nome: Francesco
Cognome: Rovero
Professione: Esploratore, lavora in Tanzania con il Museo Tridentino di Scienze naturali
Segni Particolari: Laureato in scienze naturali a Firenze con una tesi sulla tartaruga palustre europea
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