Cane e uomo, amici fedeli, una coppia speciale che dura… da secoli. A volte, però, ora possono essere anche “colleghi”, collaborando nelle operazioni di salvataggio.
Parliamo delle unità cinofile del Soccorso Alpino del Trentino, ospiti attesissimi al Parco dei Mestieri della Montagna nel pomeriggio del 3 maggio con i loro tre bravi conduttori: Stefano Tamanini di Pinè e Bepi Pinter, di Ala, responsabile del gruppo tecnico cinofilo ed Enrico Rizzardi di Coredo, che è anche istruttore nazionale di cani da ricerca.
Veri e propri detective della montagna, sono pronti ad intervenire nei nostri boschi sulle tracce di persone scomparse, ma anche in situazioni estreme, come nel caso di escursionisti sommersi da valanghe. In Trentino, le unità specializzate sono sedici, otto delle quali hanno il doppio brevetto (superficie e valanghe).
“Il cane viene educato fin da piccolo al lavoro, come se si trattasse di un gioco. Il suo istinto non lo porterebbe certo a ritrovare dei dispersi – spiega Bepi Pinter – ma addestrandolo in maniera specifica si possono ottenere grandissimi risultati”. Grande importanza hanno perciò addestratori e conduttori; quest’ultimi, assieme al cane, formano un’unità inscindibile. “Non possiamo lasciare mai solo il cane, soprattutto in interventi in cui si utilizza l’elicottero, il cui rumore potrebbe innervosire l’animale”, precisano Tamanini.
Nell’ultimo anno le unità cinofile del Soccorso Alpino trentino hanno compiuto 25 interventi in superficie, più 3 in valanga, certamente più delicati, ma fortunatamente anche più rari. “Una persona intrappolata sotto una valanga ha poche speranze di sopravvivenza. Ogni minuto può essere prezioso, e per questo, d’inverno, le unità sono pronte all’immediato intervento dall’alba al tramonto. Quando arriva la chiamata, il gruppo specializzato che si trova a Mattarello, dopo due minuti è già in volo”. Sul luogo dell’incidente i soccorritori, quando c’è la possibilità, vengono lasciati sul posto, altrimenti vengono calati col verricello assieme al loro animale.
Nemmeno l’infallibile fiuto del quadrupede però, dà la garanzia di riuscire a trovare l’escursionista disperso. “Ai soccorritori viene affidata una determinata zona nella quale cercare. A perlustrazione terminata, in caso di esito negativo – spiega Enrico Rizzardi – si passa ad un altro luogo. Ovviamente anche il cane può sbagliare”. Per “allenare” il suo olfatto, l’animale viene addestrato in luoghi molto frequentati, come i parchi. “Solitamente insegniamo al cane a riconoscere il bisognoso dalla persona che invece si trova sola sul luogo dell’incidente, per dare una mano”.
Ci sono vari modi per ritrovare un disperso. Due si basano sul fiuto del cane: una volta ritrovato il disperso il cane torna dal soccorritore, abbaiando o saltandogli addosso, per invitarlo a seguirlo sul luogo del ritrovamento. C’è poi una ricerca più fine che parte da un oggetto personale presente nella casa del disperso, che permette all’unità di seguire le tracce odorose che ha lasciato lungo il cammino. Per addestrare un cane lo si sottopone a prove di riconoscimento vocale, comandi che corrispondono anche a segnali eseguiti con mani e braccia. “Maschio, femmina o sterilizzato, meticcio o di razza, non vuol dire nulla. Il cane – conclude Pinter – viene scelto secondo criteri precisi che vanno oltre l’aspetto esteriore. Il fiuto è fondamentale, così come il carattere. E’ importante infatti che l’animale trovi un buon feeling con il conduttore e soprattutto con gli altri cani, senza creare attriti o attaccarli per ragioni territoriali”.
Lascia una recensione