La crisi internazionale nella Striscia. Caritas Internationalis chiede la revoca del blocco. L’appello del presidente card. Maradiaga
1450 morti palestinesi, in larga parte civili, 61 israeliani, 200 mila sfollati interni e migliaia di feriti: è il bilancio (al primo agosto) della campagna militare israeliana “Barriera di protezione” nella Striscia di Gaza. E' la campagna più cruenta tra quelle che si sono susseguite dal 2006 ad oggi; peggio ancora dell'operazione “Piombo fuso” che con l'obiettivo dichiarato di mettere fine al lancio di razzi da Gaza contro il sud d’Israele dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 provocò 1400 vittime tra i palestinesi (in maggioranza civili) e 13 tra gli israeliani.
Dopo le forti denunce del Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon (“Nulla è più vergognoso che attaccare dei bambini mentre dormono”, ha detto riferendosi al bombardamento da parte dell’esercito israeliano di una scuola dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) e dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, che ha evidenziato una “violazione deliberata degli obblighi che il diritto internazionale impone a Israele” e accusato gli Stati Uniti di fornire armi pesanti a Israele, senza peraltro assicurare protezione agli abitanti di Gaza, diversi responsabili Onu hanno lanciato un allarme umanitario. “Il territorio palestinese è sull’orlo del precipizio. Il blocco illegale di Gaza deve terminare” ha detto Philippe Krahenbul, massimo responsabile dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unwra). In tutto a Gaza ci sono 440.000 sfollati, centinaia di migliaia di civili privi di cibo, acqua e energia elettrica. “Tutti siamo stati testimoni con orrore della disperazione dei bambini, dei civili sotto attacco e senza alcun posto sicuro dove rifugiarsi” ha aggiunto Krahenbul.
Sulla crisi nella Striscia di Gaza è intervenuto il primo agosto il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas Internationalis. “Dall’inizio del mese di luglio, quasi due milioni di palestinesi a Gaza e la popolazione in Israele sono stati coinvolti in una guerra devastante. La gente non ha alcun luogo sicuro per nascondersi quando le bombe piovono su questa piccolo distesa di terra densamente popolata che è Gaza. Vedono i loro figli massacrati, i loro quartieri rasi al suolo e tutte le speranze per un futuro di pace strappate in brandelli. Il campo di battaglia sono quartieri pieni di bambini, donne e uomini. Contengono ospedali sovraffollati dai feriti e dai morti e scuole che sono bombardate anche se sono concepite per offrire un riparo”. “Come Caritas – ha detto – abbiamo chiesto un cessate il fuoco permanente, ma questo è solo il primo passo sulla strada verso una pace giusta basata sui negoziati inclusivi in tutta la regione”.
Quella in corso, ha aggiunto Maradiaga, “è la terza guerra in cinque anni tra Israele e i militanti di Gaza. Negli anni intercorsi, i palestinesi di Gaza hanno vissuto una vita in cui l’acqua è scarsa, molto del loro cibo proviene da organizzazioni umanitarie e la dignità di un lavoro è fuori della portata di molte persone. Caritas porta aiuto materiale e spirituale alla popolazione di Gaza nei suoi momenti di bisogno e di disperazione. Chiediamo la revoca del blocco a Gaza per permettere agli abitanti di Gaza di proteggere le loro vite e i loro mezzi di sussistenza così da poter vivere una vita dignitosa”.
Si fa sentire anche la voce dei cristiani di Palestina e Israele, uniti in una sola voce nell'appello “Pressure for Gaza” diffuso da “Kairos Palestina, la rete delle organizzazioni cristiane in Palestina. ”E' un documento che fotografa con lucidità una realtà che vede uno stato occupante e un popolo occupato; un esercito che sta facendo strage di civili e un popolo ingabbiato che non ha né esercito né diritto a sopravvivere”, afferma Pax Christi Italia. “Ciò che sta avvenendo in questi giorni a Gaza non è una guerra. Si tratta di un massacro di civili, uomini, donne e bambini. Più di 1.000 persone uccise e migliaia e migliaia di feriti, in maggioranza civili; questo non può essere giustificato come un atto di autodifesa! Quello che sta avvenendo a Gaza è il male cieco che colpisce attraverso una visione sbagliata di sicurezza, di autodifesa e di pace”, vi si legge tra l'altro, insieme alla richiesta di “uno sforzo condiviso e risoluto per portare la pace a tutti: israeliani e palestinesi, sulla base della quale ognuno si possa sentire sicuro e godere della libertà e di pari diritti in uno Stato sovrano e democratico”. Nel testo, che si può sottoscrivere on-line all'indirizzo: http://chn.ge/1qwMCyD, c'è anche un appello alle Chiese ad “assumersi le loro responsabilità verso la Terra Santa”, facendo pressione “su Israele e anche sui loro governi nazionali per porre fine all'impunità di Israele e renderla responsabile”.
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