Ancora cento di questi anni, Mister Bee, Mario Pasquali!

La prima pagina di Vita Trentina n. 24/2022 con l’intervista a Mario Pasquali

”Non anni alla vita, ma vita agli anni”. È il motto che il comm. Mario Pasquali, classe 1922 – è nato a Trento il 18 giugno 1922 – ha voluto apporre all’inizio del libriccino in cui ha stampato la sua “lectio magistralis” sui prodotti dell’alveare: una “summa” delle conoscenze e delle riflessioni maturate nel corso della sua lunga vita, dedicata alla famiglia, al lavoro e alla sua grande passione, l’apicoltura. Sembrerebbe un controsenso, posto che lui, di anni, sabato prossimo 18 giugno ne metterà in fila ben cento. Ma a ben guardare, un senso c’è: perché Pasquali, ciascuno di questi cento anni lo ha vissuto pienamente. Davvero, ha saputo dare “vita agli anni”. Ne conviene quando, nel corso della telefonata con la quale con una certa periodicità ci raggiunge in redazione per offrire qualche riflessione sull’attualità, gli prometto che sarei passato a trovarlo, alla vigilia del traguardo dei cento anni. E infatti eccoci qua, nel salotto della sua casa di Trento, fatto liberare con sollecitudine apposta per noi, ci informa, dalla moltitudine di libri, riviste, ritagli di giornale che raccontano di una mente ancora vivacissima e di una personalità curiosa.

Da dove cominciare, se non dalla sua passione per le api e l’apicoltura? (L’altro suo amore, la sua carissima moglie Rina, è scomparsa qualche anno fa).

“Quando sono entrate le api nella mia vita? A mio figlio, a cinque anni, diagnosticarono il diabete. Chiamai i frati del convento di Genova che avevano un apiario meraviglioso e che mi davano miele e pappa reale. ‘Subito, Mario, ti spediamo la pappa reale’. Oggi ha settanta e passa anni. Non avevo ancora le api, allora. Da quel momento ho cominciato a farmi dare qualche cassettina di api”.

Attento, Mario, gli dicono, potresti essere punto. Lui, tranquillo: “Le api maltrattano chi le tratta male. Io misi acqua e zucchero in un piattino, e… vrooom!, le api si gettarono a capofitto a nutrirsi”.

Era l’inizio di un’avventura culminata, nel 1982 – anno del pensionamento dal lavoro nel settore elettrico -, con l’onorificenza di Commendatore da parte del Presidente della Repubblica, per l’attività di divulgazione della cultura apistica; ma già nel 1967 aveva ricevuto l’onorificenza di Cavaliere “per meriti sindacali” e nel 1976 quella di Cavaliere Ufficiale per le sue responsabilità nel campo dell’apicoltura. Pasquali ha svolto un’incessante attività di informazione partecipando a convegni e congressi apistici, anche internazionali (nel 1981 promosse a Trento il primo Congresso internazionale di apiterapia), organizzando corsi di apicoltura e di analisi sensoriale dei mieli. “Mi ero comprato le seggiole per i corsisti. Avevo anche 50 partecipanti alla volta. E ho portato a Trento i colleghi che erano molto più avanti nella cultura apistica, da Torino, dalla Lombardia. Sempre mettendoci di tasca mia, senza contributi pubblici. Veniva anche il presidente della Regione a inaugurare i miei corsi. Ma quando chiedevo un sostegno, niente. ‘Mario – mi dicevano – se diamo un sostegno a te per i corsi che organizzi, dobbiamo darlo a tutti. Ci sono voluti anni prima di fargli capire l’importanza”.

Fondò l’Associazione culturale apistica provinciale, di cui fu il primo presidente. “Fu una grande fatica promuovere l’apicoltura, gli apicoltori erano divisi”. Per non dire dei controlli, legittimi, dei Nas, i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dei carabinieri. “Che dovevano trovare? Mi contestavano questo o quello, io resistevo e vincevo. Solo una volta ho perso, perché un collega mi aveva portato del miele che era rimasto al sole. E se ne erano accorti subito. Com’è finita? Che abbiamo pagato a metà”.

Pasquali aveva alveari un po’ in tutt’Italia: a Trento, Vigolo Vattaro, in val di Non, in Pianura Padana, Lombardia, Piemonte, Veneto, fino in Sicilia. E produceva quindici tipi di mieli diversi.

Agli apicoltori di oggi Pasquali raccomanda studio e competenza, perché per sviluppare una sana e rispettosa apicoltura, capace di valorizzare tutti i prodotti dell’alveare, serve cultura. “Lo studio è fondamentale per partire col piede giusto in apicoltura. Anche avere democrazia nel movimento apistico è importante”.

Alla vigilia del compleanno, afferma Pasquali, “sono la prova provata che l’apicoltore che si nutre di miele, di polline, di pappa reale si mantiene in salute. Tutti i prodotti dell’alveare sono antivirali. Quanti ne trovi che hanno superato i cento anni?”.

Come dargli torto? E dire che la vita non è stata tenera con Mario Pasquali: a 7 anni perdette il papà, a 11 venne a mancare anche la mamma. Uno zio lo portò dai Salesiani a Trento, all’istituto di via Barbacovi, dove studiò, si diplomò e insegnò. “I Salesiani mi chiesero se volevo avviarmi al sacerdozio. Ma io pensai a mia sorella che abitava a Torino e che forse non avrei più rivisto. Ed ero persuaso che fuori avrei fatto meglio che dentro la congregazione salesiana. Nella mia vita ho sempre lavorato come un dannato”. In seguito fu assunto, nel 1947, nel settore elettrico, alla Sit e all’Enel.

Coltivò anche la sensibilità musicale, imparando a suonare il pianoforte (“Me lo aveva donato il padrone del Cinema Modena, che lo teneva in cantina inutilizzato e me lo fece portare”) e suonando l’organo, per un periodo, ai Bertoniani in via san Bernardino. E fu anche animatore di un coro della montagna. Quando c’era da fare, non si è mai tirato indietro.

Sabato Mario festeggerà con i figli Flaviano, Antonella e Piergiorgio, insieme ai nipoti i suoi primi cento anni. Ancora tanta vita agli anni, Mister Bee!

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